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22 Aprile 2020 ~ 0 Comments

Una “ricostruzione” mai vista prima!

Molti ricorderanno il pamphlet di Luca Ricolfi sulla società signorile di massa, arrivato agli onori della cronaca nell’autunno scorso.

<La società italiana attuale> diceva Ricolfi (ns commento del 22 novembre 2019) <può essere definita “signorile” perché la maggioranza dei cittadini non lavora, soprav-vive bene grazie alla rendita assicurata dal patrimonio (non sempre ben manutenuto e valorizzato, ma ancora cospicuo) e alla continua crescita del debito (in larga misura acceso attraverso decisioni collettive o pubbliche).>

Non può durare per molto, però, concludeva sempre Ricolfi. Il Coronavirus ha reso evidente il paradosso. Una società, già vecchia di suo, costretta a ridurre drasticamente l’attività, che dà fondo alle risorse accumulate nel libretto di risparmio e soprattutto aumenta i debiti, attraverso lo Stato, non ha un grande futuro.

Il quadro metabolico, già precario, precipita rapidamente, con l’arrivo dei fattori negativi indotti dal Coronavirus. Il primo è il citato fermo delle attività, che colpisce soprattutto la componente dinamica, esportatrice, a valore aggiunto, dell’economia. Il secondo è la crescita della spesa corrente “improduttiva”, che si compone di salari e stipendi della PPAA, sussidi di disoccupazione (oggi estesi al lavoro autonomo), investimenti straordinari in servizi sanitari e sociali, infrastrutture di emergenza che consentano la convivenza col virus. Il terzo è la caduta della contribuzione fiscale, determinata dalla riduzione dei redditi.

Tutto questo si traduce in una crescita del deficit annuo e del debito complessivo, che avrà un impatto sulla tenuta dei conti nei prossimi anni. Se si riduce la “base patrimoniale” che regge il sistema (il famoso denominatore del rapporto debito/PIL – inteso in senso qualitativo) il ricorso a nuovi prestiti sarà più difficile. Solo un saldo positivo della bilancia commerciale e un buon saldo primario (bene amministrato), possono impedire che i titoli del nostro paese diventino spazzatura.

Spiace dirlo, ma la società signorile, cantata da Ricolfi solo pochi mesi fa, è arrivata al capolinea.

Se non ripartono le attività a maggiore valore aggiunto, con più elevati livelli di produttività, il consolidamento del debito è improbabile. L’iniezione di liquidità, che perdura oltre Draghi, non può fare miracoli. La società signorile può resistere fino a quando si esaurisce il credito residuo delle imprese e delle famiglie, ma poi è finita.

Per questo il paese non può permettersi di tornare semplicemente alla normalità, con un mucchio di gente che non lavora e livelli di reddito insostenibili. Deve impostare una ripartenza basata sull’innovazione e sul valore aggiunto pro-capite. E deve trovare una classe dirigente compatta, all’altezza di una ricostruzione che non si è mai vista.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Mercoledì 22 Aprile 2020)

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