La politica è la continuazione del business con altri mezzi
La frase “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi” è un celebre assioma attribuito a Carl von Clausewitz, un generale prussiano e teorico militare del XIX secolo. Questa frase indica che la guerra non è un evento isolato o accidentale, ma piuttosto una parte integrante e necessaria della politica, un mezzo per raggiungere obiettivi politici con l’uso della forza. (Wikipedia)
A duecento anni dalla nota affermazione di von Clausewitz, Donald Trump aggiorna le funzioni della politica, facendo riferimento al senso comune emerso nel secolo XX, grazie all’egemonia assunta dal sistema americano in Occidente (e nel mondo).
“La politica è la continuazione del business con altri mezzi”. Questa è la massima affermata dal presidente USA, come base del suo programma di legislatura (Make America Great Again / MEGA) e più in generale di riforma delle istituzioni occidentali.
L’uso della forza è legittimo, quando la concorrenza minaccia la solidità economica e sociale del paese. Se le industrie americane perdono terreno, in base alle regole del liberismo, è giusto che la politica modifichi il sistema delle regole, introducendo dazi e altre iniziative che non concordano con quanto affermato dal 1929 in poi. I diritti dei cittadini americani vanno difesi anche con la restaurazione delle regole imperiali ottocentesche, pre-democrazia. Perché no?
Tutto è relativo. Fino a quando il business funzionava, come strumento guida del sogno americano, il liberismo e la democrazia andavano bene. Adesso che il business non funziona più, in ampi settori dell’economia USA, è bene tornare alla politica, all’uso della forza e all’imposizione dell’ordine nuovo.
Ordine! Questa è la parola d’ordine. Nel linguaggio dei Trump/Vance e dei Vannacci/Salvini. Insomma, quelli del “prima noi!”.
Non più “business is business”, non più “none of your business”, non più “business first”, come affermato per tanti anni dalla società americana, una società nella quale il reddito è tuttora l’elemento di misura del successo personale e familiare, il valore di un uomo. Quel valore che Trump ha iniziato a perdere, come businessman, per la propria personale incapacità di competere nel mondo degli affari.

E allora, ecco il rilancio di un’alleanza nazionale con altri ricchi e con il ceto medio impoverito, finalizzata a restaurare il potere monopolistico/oligopolistico degli USA attraverso l’uso della forza.
È una via davvero praticabile, dopo 80 anni di regolazione keynesiana, stato sociale, democrazia, apertura dei mercati, divisione internazionale del lavoro?
Europa e Cina sembrano convinti di no. E insistono a difendere il sistema emerso dai processi di pacificazione e integrazione commerciale avviati dopo la Seconda Guerra Mondiale e la Seconda Globalizzazione (dopo Rambouillet, 1975).
Ce la faranno a resistere?