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01 Febbraio 2024 ~ 0 Comments

Famiglia e Impresa

Due elementi rendono il rapporto famiglia-impresa particolarmente virtuoso nella nostra regione: il Veneto.

Il primo è costituito dal meccanismo di riproduzione della famiglia stessa. Sin dai tempi della mezzadria, la famiglia veneta si è configurata come una famiglia-impresa. Nel senso che distribuisce le responsabilità e i ruoli dei suoi componenti, in ragione di obiettivi di produzione.

All’epoca del decollo industriale, nei primi anni ’80, quando molti tecnici si sono messi in proprio e hanno dato vita ai distretti e alle reti manifatturiere, non era raro incontrare una divisione del lavoro familiare di questo tipo: il capofamiglia, impegnato nello sviluppo di processi e macchinari, in rapporto con clienti e collaboratori; la moglie a gestire i rapporti con i fornitori; il figlio maschio, iscritto a qualche istituto tecnico, con il compito di studiare innovazioni; la figlia femmina, a ragioneria o commercio estero, per curare l’amministrazione.

Nel corso degli anni la struttura della famiglia veneta è cambiata e non corrisponde più allo stereotipo iniziale. Ma c’è una ratio nella divisione del lavoro che resta costante. 

Il secondo elemento, che completa il quadro, è costituito dal rapporto tra impresa e territorio. Il meccanismo virtuoso, tipico della nostra regione, colloca le imprese al servizio sì del patrimonio familiare, ma anche e soprattutto dei processi di sviluppo e accumulazione della comunità locale. 

I lavoratori dei distretti e delle reti (anche quelle in franchising, tipo Benetton) hanno potuto confidare nel reinvestimento locale, degli utili e più in generale delle risorse finanziarie affidate agli imprenditori leader, come polizza assicurativa. Il patto implicito, sia pure organizzato a cerchi concentrici attorno al nucleo familiare dei fondatori, è quello della tutela universale.

Per questo imprenditori come Del Vecchio e Canella sono rispettati e riconosciuti come pater familias, numi tutelari della comunità locale.

Sarà così anche in futuro? Oppure la cessione di quote di capitale a fondi esteri o il mancato reinvestimento del surplus nel territorio, a causa di logiche aziendali che si spostano verso regole diverse dallo sviluppo locale, tenderanno a modificare il quadro?

Certo è che il sistema che ha tenuto assieme, finora, la dimensione familiare e quella comunitaria, è fondamentale nella riproduzione del modello regionale, anche nelle filiere dei servizi che tendono a sostituire quelle di manifattura e agricoltura. Un modello di governance, basato sulla fiducia tra persone, più che tra soggetti sociali che interpretano ruoli standard, all’interno di una comunità di eguali. Questo sistema ha garantito finora livelli di partecipazione e produttività sconosciuti in altre regioni. 

Con l’uscita di scena dei protagonisti e con l’ingresso nell’era della complessità e dell’economia della conoscenza, qualcosa sta cambiando. E tuttavia, la capacità di inventare meccanismi di governo delle imprese, delle famiglie e delle comunità analoghi a quelli del passato è una costante da mantenere.

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