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29 Luglio 2023 ~ 0 Comments

Un patto di produttività per far crescere il valore aggiunto pro-capite

In questi giorni sentiamo parlare di salari troppo bassi e prezzi che riducono il potere di acquisto delle famiglie. Alcuni agitano il timore di una recessione indotta dalla politica restrittiva della BCE. E tutto questo contrasta con l’idea che la nostra sia una grande economia, che cresce più della media europea e non ha rivali sui mercati internazionali. 

Forse è meglio cercare di spiegare queste apparenti contraddizioni.

La prima è quella che riguarda la presunta forza del nostro sistema economico, che non si traduce però in livelli salariali sufficienti. I dati sulla crescita del PIL nel suo complesso e sull’occupazione sono certamente confortanti, ma dobbiamo calcolare qual è il valore aggiunto (il PIL) pro-capite, non il montante complessivo. Altrimenti non capiamo perché l’andamento dei salari italiani sia il peggiore tra i paesi europei, Grecia inclusa, da vent’anni a questa parte.

Come spiegare questa contraddizione? Il problema è la dinamica della produttività, del valore aggiunto pro-capite o per ora lavorata, che non cresce da tempo immemorabile. Produciamo di più, nella manifattura e nei servizi, grazie alla domanda sostenuta dalle autorità europee, ma non riusciamo farci pagare a sufficienza le ore lavorate. La riduzione del cuneo fiscale, non può far nulla su questo fronte. Così come la proposta del salario minimo.

PIL Procapite (in Dollari USA)

La seconda contraddizione riguarda la liquidità e il tasso di inflazione. Le misure di politica economica adottate dalla BCE, per ridurre gli effetti recessivi del Covid e della guerra in Ucraina, sommate alla crisi di alcuni mercati, come quello dell’energia, hanno concorso alla crescita dei prezzi. Questo è accaduto perchè la domanda artificiale si è scontrata con una capacità produttiva ridotta. E lo squilibrio generato per salvare imprese e cittadini viene oggi combattuto assorbendo liquidità, aumentando i tassi di interesse. L’Italia è il paese europeo più sensibile a questo tipo di misura, perché vive di debito. Ma non può continuare a rassicurare i creditori, senza mettere in campo una capacità produttiva diversa da quella attuale.

Come si costruisce questo passaggio? Attraverso un patto di produttività, che coinvolga le parti sociali a livello di impresa. Se si vuole un costo orario più alto, bisogna trovare il modo di aumentare il valore aggiunto per ora lavorata.

Non si scappa. E non basta, questa volta, un accordo nazionale, politico, come quello siglato il 23 luglio del 1993. Serve un insieme articolato di azioni imprenditoriali, e partecipative, che costringano le parti sociali a fare i conti con il mondo reale, nei luoghi di lavoro. 

Più il tempo passa e peggio è. E il tempo, purtroppo, passerà, perché maggioranza e opposizione sono convinte che il PNRR basti e avanzi, anche se non incide per nulla su produttività e valore prodotto pro-capite.

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (29 luglio 2023)

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