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14 Maggio 2023 ~ 0 Comments

L’Italia di oggi. Un paese che non guarda al futuro

Da quando c’è il governo Meloni, i problemi dell’Italia (e del Veneto) sono spariti. Abbiamo una buona gestione dei migranti, l’Europa e il mondo finalmente ci ascoltano, produciamo sviluppo a manetta e possiamo trascurare gli effetti del cambiamento climatico. Ci stiamo liberando dei corvi neri dell’ideologia ambientalista e dai pessimisti che non fanno fortuna. Soprattutto in Veneto, dove queste componenti hanno compromesso la buona amministrazione per anni. Ad esempio bloccando la Valdastico Nord, rallentando i lavori della Pedemontana e cercando perfino di impedire la realizzazione degli invasi montani che stiamo aspettando dal 1966. 

Ma è davvero così? Da buon nihilista vedo un Paese che cambia. 

Il Paese della ricostruzione, del boom economico, della scelta occidentale. Il Paese che ha cercato con tutte le sue forze di dimenticare la dittatura e la guerra, grazie a una solida leadership laburista, sia nella DC che nel PCI, è scomparso anche dai libri di storia. Il Paese del sorpasso (del PIL inglese all’inizio degli anni ’90) e della speranza europea non c’è più. Bruciato da anni di riforme mancate, dal rancore anti-euro, anti-tedesco e dall’inutile scontro tra sostenitori dell’impresa anti-sistema e partigiani del lavoro anti-mercato (oggi radicali giustizialisti).

Il Paese che ha provato a rimettersi in carreggiata bloccando i conti correnti nel 1992, riducendo il peso delle Partecipazioni Statali, limitando i benefici contrattuali e le regole di previdenza, non solo è incespicato miseramente nello spread di novembre 2011, ma è stato sostituito da un Paese più fragile, se possibile più irresponsabile, che vive sotto tutela, delle autorità internazionali da cui dipende il suo debito. 

Immagine raccolta nel Museo dell’Antropocene
allestito da Frank Raes a Casanova (Laveno-Mobello)
(www.museocasanova.it)

Siamo diventati un Paese che bazzica agli ultimi posti per investimenti in cultura e formazione, non sappiamo gestire il PNRR, vogliamo fare riforme nazionali presidenzialiste, ma non siamo in grado di produrre un buon regionalismo. Snobbiamo gli esperti come Monti, Giavazzi e Brambilla o come Draghi e ci nutriamo dei dati della CGIA di Mestre, perché non ne abbiamo altri di più rigorosi, negli uffici studi e di ricerca delle istituzioni, ormai vuoti, nei database di Infocamere, nelle grandi università del Nordest.

Siamo un Paese che tira a campare, ma vuole di nuovo illudersi di essere all’avanguardia, perché produce un punto di PIL.

Nessuno, in questo momento, ha una proposta per il futuro. Di futuro non parlano i giovani, quelli con tutta la vita davanti. Non parla il popolo delle partite IVA. Non parlano i sindaci di periferia. Non parlano i sindacati. Non parlano i leader del nuovo governo, perché il Paese sta bene così com’è.

Il Paese delle culle vuote e delle RSA piene non si pone più alcun obiettivo, perché il presente basta e avanza, soddisfa tutti nella sua concretezza.

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (14 Maggio 2023) 

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