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19 Aprile 2023 ~ 0 Comments

Civiche di facciata. Fine dell’autonomia comunale

Lo ammetto. Sono parte di una generazione che ha fatto il suo tempo e osserva oggi, un po’ da fuori, le dinamiche di quella emergente. Il mio ragionamento risulterà dunque familiare soprattutto alla componente più anziana dei lettori di questo giornale.

Quando ero giovane, sulle schede elettorali, dei comuni oltre che della Camera e del Senato, apparivano pochi simboli. Quello della Democrazia Cristiana, quello del Partito Comunista e quello del Partito Socialista. Poi ce n’erano altri, che richiamavano però, tutti, a una visione dei rapporti tra locale e nazionale. 

C’erano sì le preferenze, ma agevolavano la scelta di persone, all’interno di un quadro di accreditamento relativamente certo e trasparente, tra periferia e centro.

Oggi tutto questo non c’è più. A livello nazionale troviamo sulle schede elettorali nomi di singole persone che, in modo del tutto arbitrario, accreditano una cerchia di candidati “amici”, le cui competenze sono in larga misura note solo al capolista. E, a livello locale, troviamo liste civiche, le più lontane possibili dai colori e dai simboli dei partiti nazionali, guidate da persone “notabili” (nel senso di riconoscibili) solo a ristrette cerchie di “amici” candidati.

Perché siamo arrivati a questo?

Nel ’92 abbiamo preso atto che l’unica ideologia rimasta è quella del Mercato e che la macchina dello Stato andava resa efficiente, al servizio del cittadino e non della burocrazia o della rendita di grandi aziende pubbliche e private. Più che uomini di schieramento abbiamo imparato a eleggere “esperti” di amministrazione. Il professor Prodi da una parte, l’imprenditore Berlusconi dall’altra. Le ideologie della destra e della sinistra sono rimaste, ma come residuo di un passato inutile.

A livello locale l’elezione diretta del sindaco ha rafforzato l’idea che il primo cittadino debba avere soprattutto competenze amministrative e non seguire ideologie. Per questa ragione, si sono diffuse ovunque le liste civiche e candidati che cercano di smarcarsi dall’ombra dei partiti o delle coalizioni nazionali, per accreditare la propria autonomia a favore del territorio. 

Ma è vero movimento?

Le regole introdotte nel sistema, dall’accordo di Maastricht e dai vincoli posti dalla BCE, non favoriscono affatto l’autonomia del locale. Dominano invece i bandi europei, i progettisti diplomati e i dirigenti degli enti strumentali (ex-municipalizzate). Ai sindaci e ai comuni resta ben poco da decidere. I giovani candidati si presentano sì come civici, ma chiamano sul palco rappresentanti di qualche coalizione nazionale, per rassicurare gli elettori che la politica di schieramento serve ancora a qualcosa. A catturare i fondi europei?

Insomma la proliferazione delle liste civiche non assomiglia affatto, a un occhio stagionato, a un movimento di autonomia e autogoverno delle periferie competitive.

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (19 Aprile 2023)

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