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07 Aprile 2023 ~ 0 Comments

Discorso pubblico e sviluppo

Le polemiche sull’uso dell’italiano nel discorso pubblico dimostrano quanto il paese sia oggi guidato da un’élite di parvenu con poche idee, senza identità e senza futuro. La Presidente del Consiglio cerca di differenziarsi dai propri consiglieri e ministri, sfoggiando un ottimo inglese e l’uso corretto di concetti mutuati da culture non nazionali. Come il termine “underdog”, intraducibile in italiano, incomprensibile alla casalinga di Voghera, o il concetto de “noantri”, chiarissimo ai romani di Trastevere, meno agli abitanti di Cannaregio. E tuttavia non riesce a marcare un cambio di passo nell’Italia del burocratese stretto, del chiacchiericcio televisivo da TG2, della curva nord e sud degli stadi in costruzione.

Qual è il problema? Lo ha scritto Gramellini, citando l’esempio di Joe Formaggio, personaggio immaginario emulo del Pojana, che imperversa nei social. Il problema non è il linguaggio utilizzato dall’attore salito sul palco. Il problema è l’interpretazione degli spettatori, le reazioni e le interazioni che il discorso pubblico provoca nella società.

Qual è l’identità del nostro territorio? È il prodotto della narrazione condivisa dai cittadini, o meglio dai gruppi sociali che ascoltano il messaggio dell’élite e poi lo traducono in concrete strategie di azione, che generano sviluppo. E cos’è lo sviluppo? È la trasformazione della società, o dell’economia, prodotta da milioni di micro-storie individuali, che si ispirano al copione comune.

È un gioco inventato dai greci molti anni fa. L’élite si incarica di mettere in scena esperienze collettive, nel teatro cittadino, nell’agorà del paese, in Parlamento o in televisione, mentre il popolo degli spettatori si incarica di interpretare il messaggio, traducendolo in con-senso, senso comune. Nella Russia di Putin, dove l’élite propone la guerra, una parte dei giovani maschi accetta la proposta di massacrare gli ucraini, mentre un’altra parte scappa il più lontano possibile.

Lo sviluppo consiste nella combinazione delle storie ideali, elaborate a livello macro, nelle istituzioni, e le storie reali, agite a livello micro dai singoli individui. A ogni azione pubblica corrisponde una reazione uguale o contraria, a livello privato. Imprevedibile, almeno in democrazia. E a nulla valgono i sondaggi e i cookies inseriti nei social, per cercare di controllarla. 

Quali conseguenze avrà, in conclusione, la polemica sull’uso dell’italiano? Non lo sappiamo. Lo vedremo presto, non solo nelle urne, ma anche nelle stazioni e negli aeroporti. Alcuni saranno soddisfatti delle multe a chi parla inglese, altri moriranno dal ridere, altri ancora compreranno biglietti “uanuei” per destinazioni ignote.

Il problema è che manca una narrativa di governo capace di produrre reazioni e contro-reazioni utili alla modernizzazione del paese. 

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (7 Aprile 2023)

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