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30 Marzo 2023 ~ 0 Comments

PNRR: perché non riusciamo a farlo funzionare?

Lo stato di avanzamento del PNRR è insoddisfacente. Nonostante le buone intenzioni dei governi nazionali, la macchina amministrativa stenta a cambiare passo, soprattutto in periferia. Vediamo dove stanno i problemi e come si possano eventualmente risolvere.

Il PNRR è uno strumento di rilancio dell’economia, ma anche un insieme di interventi strutturali, che dovrebbero portare il paese a forti aumenti di produttività e nuovi standard di sostenibilità. Già prima dell’impennata dei prezzi energetici era chiara la necessità di efficientare il patrimonio immobiliare, ridurre i costi industriali e riconvertire il parco automezzi. Era altresì evidente la necessità di sviluppare nuove forme di organizzazione dei servizi, soprattutto pubblici, attraverso un consistente investimento sul digitale e sull’accorpamento degli enti locali. Infine, era ben chiara la necessità di riqualificare il sistema formativo, non solo per avvicinare domanda e offerta di lavoro, ma soprattutto per cambiare il modello di integrazione degli immigrati. 

Il PNRR ha preso di mira questi problemi, soprattutto nella fase di gestione affidata a Draghi. Tuttavia ha sperimentato, quasi subito, problemi di implementazione, che nascono da una cultura amministrativa antiquata e da una eccessiva politicizzazione.

I funzionari UE tendono a comportarsi come la Troika ai tempi della Grecia. Chiedono alle controparti italiane (centrali e periferiche) il rispetto di standard che spesso non sono adatti al nostro sistema paese. La proposta di modulare il Next Generation Fund, in ragione delle specificità territoriali (politica “place based”) non è stata neanche presa in considerazione, mentre prevale la logica della continua ed estenuante negoziazione “formale” dei progetti.

I nostri funzionari non sono da meno, ligi all’impostazione borbonica del nostro ordinamento, anche nell’autonome regioni del Nord. L’urgenza suggerisce di bypassare gli enti locali. I dirigenti di questi ultimi sono quindi relegati nella posizione di meri “esecutori” di linee guida elaborate al centro. All’atto pratico, queste linee guida risultano inapplicabili o portano a investimenti contrari alle competenze e alle aspettative del territorio. E anche questo si traduce in negoziazioni infinite sugli aspetti formali.

Parziali interventi di correzione potrebbero derivare da un modello di governance più attento alle responsabilità e all’autonomia degli “esecutori”. Ma proprio su questa prospettiva non c’è accordo, nonostante l’enfasi convegnistica sul capacity building. Nelle province, nelle IPA, nei distretti, continuano a decidere i consulenti e gli eletti, in base a valori di campanile o di coalizione.

Senza separazione tra proprietà e controllo e con strutture organizzative che non lavorano su obiettivi “reali” non andiamo da nessuna parte.

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (30 Marzo 2023)

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