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24 Febbraio 2023 ~ 0 Comments

I conservatori

I conservatori italiani disegnano il futuro del Paese. Nella “società signorile di massa”, descritta da Luca Ricolfi (nel suo fortunato pamphlet di un paio di anni fa), la coalizione di centro-destra rafforza la sua constituency: la maggioranza di elettori attivi schierati a difesa del sistema così com’è. Mentre la minoranza degli elettori attivi (nel centro-sinistra) cerca il bandolo della matassa, i partiti di governo danno fiato alle trombe di una nuova narrazione. Che, d’altra parte, è la loro missione, la loro ragion d’essere culturale.

L’Italia va bene così com’è. Deve solo difendersi dai nemici. Sì, è vero, soffre la crisi energetica, ma può difendersi da Francia e Germania, che utilizzano la crisi ucraina per rafforzare la propria posizione in Europa. Sì, è vero, la pianura padana soffre l’inquinamento, ma deve difendersi dagli ambientalisti, che vorrebbero limitare sviluppo e benessere, per tornare a stili di vita arretrati. Sì, è vero, manca l’acqua, ma il cambiamento climatico è una bufala e tra qualche mese non se ne parlerà più. Per arrivare al mare d’estate è necessario pagare il pizzo a una marea di concessionari che approfittano della burocrazia? Sì, ma, in fondo, chi è che non si diverte al Papeete o ai rave party (regolari) di Jesolo? La gestione familiare delle coste va a vantaggio di tutti. Insomma, non c’è ragione di preoccuparsi per i diktat della UE, rinunciando all’italianità. 

Anzi, è il momento di contrattaccare, stringendo le coorti patriottiche della nazione attorno a una nuova (si fa per dire) canzone: l’Unione Europea è nelle mani di un manipolo di ambientalisti, corrotti dalle case automobilistiche tedesche e dagli importatori di pannelli fotovoltaici cinesi; non vedono l’ora di mettere in difficoltà la manifattura italiana. Lo sviluppo futuro e il benessere della nostra società sono minacciati più dai fautori dell’Europa “green”, che dai grandi banchieri.

I pessimisti non fanno fortuna. Guai se cambia! Nelle dichiarazioni reiterate e rilanciate sia dai grandi media che dai social, la linea conservatrice prende forma. La discussione sulla mobilità elettrica è solo uno dei capitoli della saga. L’Italia si schiera a favore del diesel, dalla parte dei camionisti e degli enti locali che non hanno i soldi per togliere dalle città gli autobus inquinanti. Siamo contro le ideologie ambientaliste.

Eppure c’è una sottile contraddizione in questo genere di narrativa. L’Italia è un grande paese industriale, è fondatore della UE e delle NATO, raggiunge livelli straordinari di esportazione, grazie all’inventiva dei propri imprenditori. Perché mai dovrebbe avere paura dell’innovazione? Perché dovrebbe trovarsi impreparata, più della Cina, della Francia e della Germania, di fronte alla sfida della nuova mobilità? C’è qualcosa che non torna, nella logica narrativa.

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (24 Febbraio 2023)

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