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09 Febbraio 2023 ~ 0 Comments

Un patto per l’integrazione

Se tutti gli imprenditori del Veneto adottassero un ragazzo o una ragazza stranieri, interessati a vivere dalle nostre parti, risolverebbero il problema dell’immigrazione regolare, la mancanza di nuovi occupati, l’integrazione multietnica e forse anche il passaggio generazionale di molte piccole imprese, in un colpo solo. 

Una provocazione? Certo. Che nasce però dalla lettura delle dichiarazioni seguite al grido di dolore di Paola Egonu dei giorni scorsi.

Il figlio di Paolo Polegato, così come il figlio di Paolo Gubitta (Corriere del Veneto, Domenica 5 febbraio 2023) percepiscono la propria cittadinanza, le prospettive di vita e di integrazione nel Veneto come tutt’altro che negative, a dispetto del colorito “marrone” della loro pelle. Si tratta di giovani fortunati, che hanno trovato una via d’accesso alla nostra società che non è a disposizione di tutti. 

Non tutti i giovani immigrati hanno la fortuna di trovare una famiglia e una rete di relazioni fiduciarie, educative e professionali, organizzate dal privato-sociale. Molti di essi faticano, ancora oggi, a guadagnare la fiducia dei residenti, perché restano isolati dal contesto territoriale, segregati in classi differenziali che dividono le scuole primarie, in ragione dei cognomi e del passaporto, in laboratori professionali e percorsi di apprendistato, che li avviano su binari bloccati, piuttosto che su piattaforme di decollo per l’ascensore sociale. Grazie all’infinita galassia di associazioni cattoliche, istituti scolastici e formativi, centri dediti all’accoglienza, trovano una nicchia in cui sopravvivere, ma restano ai margini della comunità. 

C’è una grande differenza tra un percorso di inserimento nella vita e nel lavoro, che passi attraverso l’inserimento in famiglie più o meno allargate, fatte di genitori, fratelli e sorelle, legalmente equivalenti, e un percorso fatto, invece, di volontariato, assistenza pubblica, permessi di soggiorno, cortili e abitazioni (banlieue) esterne al corpo vivo della società.

Lo sa bene Paola Egonu da Cittadella (pardon, Galliera Veneta) che per arrivare a dire la sua ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie, diventare un’icona dello sport system nazionale e adesso addirittura personaggio di spicco del Festival di Sanremo. Quante sono le Paole Egonu che ancora oggi faticano a trovare posto sulle corriere, sui treni locali, nelle conventicole di adolescenti che si conformano al pensiero unico della regione/nazione?

Un patto sociale straordinario tra le famiglie di imprenditori, le comunità di educatori, esperti e avveduti, gestori di patronati e centri giovanili di piccolo paese, può fare la differenza. Perché? Perché la nostra regione ha un bisogno disperato di giovani residenti, motivati e sognatori. E perché la politica non ha gli strumenti per risolvere la questione. 

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (9 Febbraio 2023)

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