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27 Novembre 2022 ~ 0 Comments

Meloni: qual è il piano?

La discussione sulla legge di bilancio si incammina lungo sentieri ampiamente previsti. Seguendo il collaudato modello della destra riformatrice, quello che si ispira ai metodi dell’Iron Lady degli anni ‘80, Giorgia Meloni si erge a garante dei conti pubblici e del debito. 

Si inserisce nel solco di Mario Draghi che, prima di lasciare l’incarico, ha voluto mandare al mondo un messaggio analogo al “Whatever it Takes” del 2012: “L’Italia ce la farà con qualsiasi governo”. 

Un messaggio, rassicurante, che può essere così tradotto: “Cari Mercati, non vi preoccupate, la mia esperienza è stata importante per condurre il paese lontano dal populismo e dagli azzardi di una classe politica incompetente. Il mio coinvolgimento non è avvenuto per caso, come quello di Ciampi e di Monti in altri momenti della nostra storia nazionale. L’Italia è un paese ricco di competenze, anche a livello governativo, oltre che a livello industriale e imprenditoriale. Ce l’abbiamo fatta in passato, con le piccole imprese e i distretti manifatturieri. Ce la faremo oggi con gli ITS, la valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, mettendo a posto (anche grazie al PNRR) i problemi strutturali che limitano la produttività della nostra economia. Siamo in grado di onorare il debito contratto.” 

Giorgia Meloni, sin dal suo discorso di insediamento, ha rilanciato questo messaggio (Believe me, it will be enough), sottolineando la sua personale determinazione a tenere a bada gli spendaccioni. La finanziaria sembra confermare il suo intento. 

C’è tuttavia un problema che comincia ad emergere. Quale che sia il saldo della bilancia commerciale, quale che sia il ruolo internazionale conquistato negli anni dal nostro sistema produttivo, quali che siano le potenzialità del “sovranismo alimentare”, resta ancora tutta da scrivere l’agenda dello sviluppo futuro. 

Con un reddito medio-basso, i giovani non potranno tenere in piedi il sistema previdenziale. Senza competenze e passione, per la meccatronica, oltre che per la moda, il turismo e il design, le nostre imprese non possono sostenere l’accumulazione. Senza un assetto istituzionale adeguato, lo Stato faticherà ad assicurare i servizi pubblici richiesti dai cittadini e dalle imprese. 

Qual è il piano?

Qui la narrazione del governo si fa molto più incerta. Dopo il default del ’92, la strategia delle liberalizzazioni e privatizzazioni ha rappresentato una svolta nelle modalità di controllo delle entrate, così come la politica dei redditi ha mitigato le spese. Federalismo e concertazione hanno segnato il comportamento di un’intera generazione di amministratori e sindacalisti, ma non sono riusciti a unificare il Paese lungo una linea di produttività. Per il momento, il governo Meloni, non avanza una proposta alternativa, un’idea di sviluppo compatibile con il rigore.  

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (27 novembre 2022)

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