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02 Novembre 2022 ~ 0 Comments

Il futuro incerto di Lula e del Brasile

Alla fine, dopo anni di conflitti sociali estenuanti, il “povero” Lula ha vinto il confronto elettorale con Bolsonaro. Il Brasile, tuttavia, non sa dove andare, conteso tra strategie populiste opposte, inadeguate al profilo di una grande nazione di 200 milioni di abitanti. 

Ai tempi della prima elezione di Lula, nel 2002, il Brasile si trovava in una fase di prorompente sviluppo. Dopo l’iperinflazione dell’89, grazie a Fernando Henrique Cardoso, era riuscito a stabilizzare il Real e ad avviare lo smantellamento dello Stato “getuliano”, con un progresso significativo all’interno del Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Lula, riferimento ideale del World Social Forum 2001, si proponeva come paladino di un capitalismo popolare, partecipativo, democratico, filo-italiano, capace di riscattare dalla miseria non solo il popolo brasiliano, ma buona parte dell’America Latina. 

Figlio di contadini poveri, Ignacio Silva, detto Lula, non aveva problemi a convocare sedute del proprio governo in una favela e rappresentava una speranza di cambiamento per milioni di attivisti No Global, non solo per i brasiliani. E tuttavia ha fallito il proprio obiettivo. Ha fatto molto, con programmi Fome Zero e Bolsa Familia, ma non è riuscito a costruire il modello economico e sociale innovativo di cui parlava nel World Social Forum. 

Oggi rappresenta solo un usato sicuro, per un Brasile che non ha più tutta la vita davanti, e un consesso di nazioni e grandi potenze che sembrano aver perso il senso dell’agire comune.

Nel 2002 i Brics alimentavano la speranza che tutti i paesi emergenti potessero realizzare sentieri di sviluppo economico e sociale alternativi a quelli occidentali, sia pur tra mille limiti, all’interno di uno scenario globale animato da un’ampia varietà di capitalismi. Oggi invece, i Brics sono in crisi e sembrano occupare il lato oscuro del pianeta, a causa di leader confusi come Putin, Modi, Xi Jinping. Cosa può fare, in questo contesto, il piccolo Lula? Non ha più la forza dell’uomo nuovo, non ha un modello da proporre e si trova di fronte un paese “invecchiato”. 

Già nel secondo mandato, in mezzo a pasticci di vario genere, aveva tradito le aspettative di sviluppo dal basso, negando soluzioni basate sul protagonismo dei territori (produttivi), ispirato al capitalismo dal volto umano del Nordest italiano e dell’Emilia Romana (come lui chiamava la regione ospite negli anni dell’esilio). Si è buttato tra le braccia della grande industria e di Petrobras, nelle grandi metropoli come San Paulo, in una prospettiva protezionista che non ha fiato.

Oggi più che mai avrebbe bisogno di élite e di pensiero “alto”, per farcela. Perché non può permettersi di tradire per la terza volta le aspirazioni di innovazione del suo popolo laborioso e dei progressisti di mezzo mondo. Agora ou nunca mais, Lula?

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (2 novembre 2022)

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