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17 Ottobre 2022 ~ 0 Comments

La nuova piega assunta dalla guerra in Ucraina

Quanto accaduto la scorsa settimana a Kiev e in altre città ucraine, dopo la nomina di Surovikin a capo delle forze armate, rappresenta una svolta importante nel conflitto in corso. Avevamo già ipotizzato, qualche mese fa, che la guerra rapida di Mosca si sarebbe trasformata in una guerra di posizione, lunga e tutto sommato a bassa intensità, come quella che imperversa in Donbass dal 2014. 

Due mesi dopo l’attacco di febbraio, abbiamo visto truppe di terra infilate in trincee contrapposte, contendersi poche miglia di terra, a colpi di assalti e contro assalti. I danni per la popolazione civile sono stati, purtroppo, assai rilevanti, con profughi e morti ammazzati nelle città e nei villaggi prossimi al fronte. Nelle retrovie e nella capitale, tuttavia, il fragore della guerra è rimasto attutito. Le famiglie si sono divise: i maschi nelle trincee o nei campi di addestramento; le donne senza tuta mimetica ospiti di paesi stranieri. La vita quotidiana è diventata complicata. Ma non c’è stato sangue nelle strade, si è assistito a periodici scambi di prigionieri e interventi umanitari a supporto della popolazione.

Da quando le truppe ucraine hanno lanciato la nuova offensiva negli oblast filo-russi, e il regime di Putin ha avviato la farsa dei referendum, il clima è cambiato ancora una volta. E con esso la dinamica della guerra. 

Nella nuova fase, la piega assunta dal conflitto richiama lo scontro perenne tra israeliani e palestinesi. I contendenti restano asserragliati nei propri quartieri, avviano di quando in quando attacchi improvvisi, e ritorsioni, ma non c’è più invasione di territorio. Kiev organizza attacchi a singole persone (di elevato peso simbolico) nel cuore della Russia sovrana, attentati alle infrastrutture, come il ponte di collegamento con la Crimea, e cerca di contendere le centrali. Mosca risponde con rappresaglie, come i missili sugli incroci stradali e i palazzi residenziali di Kiev eccitando i demoni russi contro gli ucraini e l’Occidente. Odio puro e morte al nemico, senza altri obiettivi intermedi. 

Esattamente come accade nella striscia di Gaza da cinquant’anni, dopo innumerevoli accordi di pace, premi Nobel, opere di colonizzazione forzata. Intere generazioni sono coinvolte in una guerra degenerata, che nessun comandante in capo è in grado di contenere o di chiudere una volta per tutte. Ariel Sharon a Sabra e Chatila esattamente come Serghei Surovikin ad Aleppo e Mariupol. 

Cosa può fare la comunità internazionale in questo frangente? L’ipotesi di una mediazione Biden-Putin, durante il G20, sarebbe un passo indietro, la cristallizzazione di un mondo diviso in fazioni. In più, senza Zelensky, non avrebbe alcun senso. L’ipotesi di una mossa del cavallo, invece, tra Europa e Cina, che pure non ha oggi basi concrete, potrebbe aprire un’alternativa.

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (17 ottobre 2022)

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