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20 Settembre 2022 ~ 0 Comments

Ingorgo all’ingresso dell’università

Si avvicinano le date di partenza dei corsi universitari e post-diploma, regionali, come gli ITS (Istituti Tecnici Superiori). I ragazzi in uscita dai licei o dagli istituti tecnici provano a districarsi nell’ingorgo del numero chiuso, ai cancelli d’ingresso, cercando di capire quali sono le alternative, in caso di selezione avversa, nell’assoluta mancanza di indicazioni e tempestivo orientamento. Caos affitti e costi di frequenza inclusi. Alla fine, molti si arrendono.

La filiera educativa si è fatta più lunga, più selettiva e più costosa. Non garantisce opportunità di lavoro e una distribuzione ottimale delle competenze, anche tra gli studenti che seguono, con maggiore profitto, i piani di studio, i PCTO, gli indirizzi suggeriti dai docenti medi e delle superiori. Quelli, insomma, che si documentano sulle future occupazioni.

I test di immissione alle facoltà di medicina ne sono un esempio eclatante. Molti degli studenti ritenuti idonei alla carriera medica, secondo le valutazioni (oggettive) degli insegnanti e dei dirigenti della scuola superiore, sono stati bocciati dai colleghi dell’università. Senza una logica comprensibile. E situazioni ingarbugliate si presentano in molti atenei e corsi di laurea periferici, non solo nelle università e ITS di punta. I test di accesso sono diventati il principale strumento di selezione della domanda in eccesso, rispetto alla capacità formativa disponibile. Ma nessuno ne condivide il merito.

E cosa fanno i giovani esclusi? Alcuni cambiano indirizzo, nonostante siano orientati (e con profitto!) a lavorare in uno specifico settore, e vanno a cercare un mestiere incoerente con le proprie attitudini. Altri aspettano sul divano una seconda possibilità. Altri ancora si inventano scorciatoie, pagando università private o passando dall’offerta di altri paesi europei.

E quelli ammessi? Come dichiarano le statistiche di Almalaurea, non tutti completano il ciclo di studi e molti si disperdono prima di raggiungere la laurea. Proprio perché la selezione all’ingresso è fatta male.

C’è qualcosa che non quadra in questo meccanismo.

C’è un ingorgo che deve essere risolto, e c’è un problema di trasparenza, soprattutto nel sistema pubblico, nei processi di formazione delle competenze. I diversi pezzi di filiera devono parlarsi. Perché c’è una frattura totale tra i docenti della scuola superiore, convinti di adempiere in modo egregio alla missione loro affidata, e i colleghi dell’università, che impostano i percorsi di avvicinamento al mondo del lavoro. 

Nessuno, nei ministeri e nelle associazioni sindacali, si azzarda a intervenire. In verità, il Ministro Bianchi ha proposto i Patti Educativi di Comunità, come possibile strumento di regolazione, di superamento della logica “fordista” che governa la filiera. Ma c’è qualcuno che può farli decollare?

© Quotidiani Gruppo GEDI Nordest (20 settembre 2022)

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