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19 Giugno 2022 ~ 0 Comments

La nuova guerra dei 100 anni

Questa guerra non avrà né vincitori, né vinti. Così sentenzia l’ONU, facendo un bilancio dei primi 100 giorni di conflitto in Ucraina.

La Russia di Putin ha invaso il 20% circa del territorio ucraino, nell’area già funestata dalla guerra di secessione iniziata nel 2014. Quel territorio è oggi un ammasso di rovine e puzza di morte, un cimitero di mine che richiederà decenni di lavoro per la bonifica e la ricostruzione. È oggi una terra di nessuno, inospitale sia per i tifosi dell’Anschluss di Donbass e Crimea alla Grande Madre Russia, sia per i resistenti che difendono l’identità ucraina. 

17 milioni di persone hanno perso casa e lavoro. Vivono, si fa per dire, come terremotati sotto le bombe, non solo nell’area occupata, ma anche negli altri oblast del paese, minacciati da continui attacchi missilistici che, per gli obiettivi che si pongono e i risultati che ottengono, non sono altro che atti di terrorismo gratuito. 

Un disastro.

Come pensa di amministrare i territori occupati Putin, dopo l’eventuale conclusione delle ostilità, peraltro di là da venire? Tutti i territori occupati del mondo, a partire da quelli palestinesi, sono un verminaio di odi, rancori, vendette e azioni terroristiche che si susseguono per generazioni. Ne sanno qualcosa gli italiani/tedeschi e italiani/sloveni dell’Alto Adige e della Venezia Giulia. Ne sanno qualcosa i nord-irlandesi cattolici e protestanti. Ne sanno qualcosa i sunniti/sciiti dell’Oman e dell’Iraq, i talebani in Afghanistan… 

Come pensano di costruire l’autonomia delle regioni russofone (o meglio nazi-russe) i partigiani delle fazioni nazi-ucraine, in guerra dal 2014? Tutti i territori che ambiscono all’indipendenza, sia pure a statuto speciale, ne sanno qualcosa. I Paesi Baschi, ad esempio, o la Catalogna repubblicana. Per non parlare dei paesi balcanici, reduci da conflitti etnici, religiosi e sociali di proporzioni mai viste in Europa e in Occidente. A trent’anni dalla guerra di secessione della Ex-Jugoslavia, non allineata, Sarajevo ancora non è completamente pacificata.

Insomma, la crisi ucraina si avvia a diventare l’ennesima guerra dei cent’anni, in chiave moderna. Una guerra che le cosiddette grandi potenze non sono in grado di governare e che l’assetto geopolitico stabilito nel ‘45 non riesce a mitigare. Perché la logica di potenza, fine a sé stessa, produce solo lutti e disumanità. E i sentimenti calpestati attraverso la sopraffazione e la violenza gratuita continuano a ribollire per anni, sotto la cenere.

Di fronte a un quadro così complicato, avanzare suggerimenti del tipo “meglio arrendersi e vivere schiavi, che resistere nelle trincee” oppure “basta dare armi agli ucraini, perché aumenta il prezzo del gas”, rivela una miseria morale e una miopia politica quasi assoluta. Molti commentatori dovrebbero starsene zitti.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (19 Giugno 2022)

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