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16 Giugno 2022 ~ 0 Comments

La crisi della Lega

Sono sempre stato orgoglioso del coefficiente di Gini (indice di disuguaglianza) che caratterizza il nostro territorio. Per anni ho girato il mondo a spiegare le ragioni di uno sviluppo economico prorompente, meno ineguale di altri, come risultato di un contesto sociale aperto, nonostante i dialetti e le chiusure dei campanili.

Nel Veneto è difficile trovare situazioni analoghe a quelle di Rio de Janeiro. Da noi non accade che basti attraversare una strada e si passi da un quartiere “esclusivo”, con servizi identici a quelli di Londra e New York, e una speranza di vita di oltre 80 anni, a una favela, con livelli di reddito inaccettabili, e una speranza di vita di 40 anni. Non ci sono muri, da noi. Imprenditori e operai vivono nello stesso villaggio, giocano a carte nella stessa osteria. Non c’è separazione tra quartieri operai e villette del ceto medio, come accade in Germania.

Nel Veneto riusciamo a sviluppare forme di apprendimento duale, che sono paragonabili a quelle tedesche e, in alcuni casi, più interessanti di quelle americane. Certo, la Silicon Valley ha saputo creare un contesto favorevole all’innovazione digitale, grazie alle sue prestigiose università, alla capacità di attirare giovani da tutto il mondo (incluso Federico Faggin, nostro conterraneo), ai processi di apprendimento interni ad aziende che adoperano le stock option come strumento di partecipazione. Tuttavia, anche le nostre comunità distrettuali, sono riuscite a collocare (quasi tutti) i propri componenti (e qualche ospite esterno) in processi educativi orientati alla tecnologia e alla produttività. I miei concittadini lavorano a 15 minuti di distanza dalla propria abitazione, esportano prodotti di lusso e non conoscono i rischi tipici delle banlieue o conflitti aperti tra immigrati e residenti. 

Eppure oggi mi sento meno orgoglioso della nostra specificità. Il coefficiente di Gini non si mantiene più su livelli inferiori a quelli di altri territori del mondo.

Leggendo il bel libro di Noreena Hertz, Il secolo della solitudine, con due anni di ritardo sulla sua pubblicazione in Italia, scopro nel Veneto sintomi di una progressiva omologazione a modelli stranieri. Una progressiva perdita di autonomia e specificità della nostra società regionale e della nostra economia. 

Muri che iniziano a sorgere, comunità locali che perdono di coesione, vicini di villetta che diventano condomini sconosciuti, spazi pubblici in degrado, famiglie unicellulari che vivono in povertà e solitudine, figli di immigrati inquieti e indigeni che se ne vanno. 

Spiace dirlo, ma dopo trent’anni di governi leghisti e di retorica autonomista, i risultati sono deludenti. La classe dirigente della regione non è in grado di preservare e valorizzare la specificità del nostro modello sociale. L’esito delle urne comincia a certificarlo.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (16 Giugno 2022)

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