Home » Prima pagina » Economia di guerra

15 Marzo 2022 ~ 0 Comments

Economia di guerra

Se pensiamo di vincere la sfida lanciata da Putin, svuotando i supermercati o mettendoci in coda alle pompe di benzina, organizzandoci per il mercato nero, l’abbiamo già persa.

Cos’è, infatti, l’economia di guerra? Una situazione in cui la comunità nazionale, attraverso le sue istituzioni locali, prende in mano direttamente funzioni che, in tempi “normali”, sono affidate al mercato. Come accaduto durante l’emergenza COVID. Perché l’economia di guerra, evocata qualche giorno fa da Draghi, funziona solo grazie a una grande coesione sociale. L’esempio dell’Ucraina docet! Nessun despota può toglierci la libertà, se sappiamo gestire equamente i costi della guerra. Ma allora un ministro come Cingolani non può limitarsi a dire che qualcuno approfitta del dramma collettivo per speculare, senza fermarlo!

I governi europei devono prepararsi a estendere nel tempo le misure di emergenza adottate contro il COVID. Trasformare i centri di vaccinazione in sistemi di coordinamento della solidarietà, economica, a livello locale. Il governo italiano deve mantenere in servizio il generale Figliuolo.

Dobbiamo accorciare la distanza che esiste tra Stato e popolo, tra UE e comunità regionali, tra Regione e comuni, mobilitando i cittadini. In Italia e in Europa abbiamo migliaia di istituzioni e comunità territoriali, capaci di elevati livelli di auto-organizzazione. Dobbiamo trasformarle in una rete di “resistenza” diffusa, per costituire un’alternativa credibile alle grandi piattaforme commerciali, logistiche, energetiche, extra-territoriali, dominanti nell’era della globalizzazione, che sono oggi fuori uso.

Prima della crisi ucraina avevamo auspicato una nuova Bretton Woods per costruire accordi internazionali di cooperazione, basati sul rispetto reciproco e su una intelligente e sostenibile divisione internazionale del lavoro. Nella globalizzazione non ci sono nemici, ma solo competitori.

Questa ipotesi non è più un’opzione, perché il gruppo dirigente russo, incapace di partecipare autorevolmente al tavolo dell’economia globale, sta tentando in tutti i modi di cambiare l’agenda del mondo. Vuole tornare a un’era di economie nazionali, autarchiche, nelle quali ferrovecchi medievali, come gli eserciti contrapposti e gli oligarchi di stato, possono valere qualcosa.

L’Europa vincerà la sfida con Putin, in accordo con USA e Cina, ma nel breve termine deve imparare a gestire l’economia di guerra, in cui i demoni russi ci hanno precipitati, attivando le risorse locali. Strutture vecchie di secoli, conformate a misura di un’identità sociale, in equilibrio tra cooperazione e competizione, individuo e società, fatta di controllo distribuito e governo centralizzato. 

Con le nostre comunità locali possiamo superare la penuria di gas e di farina. Ma dobbiamo limitare, intelligentemente, il mercato.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (15 Marzo 2022)

Leave a Reply