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22 Febbraio 2022 ~ 0 Comments

La riforma della politica può partire dal Nordest

La riforma della politica può partire dal Nordest. Un Nordest ampio, non limitato al Triveneto, ma esteso all’Emilia Romagna. Che sappia sottrarsi al provincialismo, per tre ragioni.

La prima è che l’Italia arranca nelle quarte file del gruppo europeo e non regge il passo dei fuggitivi: Baviera, Randstad e nuovo cuore manifatturiero del Nordest Europeo. E questo accade perché il modello di sviluppo inventato dalle regioni del Nordest Italiano, non rappresenta più una locomotiva sferragliante, in grado di assicurare elevati livelli di reddito pro-capite e processi di accumulazione in linea con la globalizzazione 2.0. Un accordo per trovare un nuovo ruolo in Europa, grazie all’interazione tra comunità culturalmente diverse a Nordest (Italiano), è interesse di tutti, anche di altre regioni del Paese.

La seconda è che il sistema dei partiti fondato sulla contrapposizione destra-sinistra è arrivato al capolinea. I vaffa di sinistra e i sovranismi di destra, non solo non fanno un Euro di PIL, ma impediscono le riforme, spingendo una porzione crescente di cittadini lontano dalle urne e dalle sedi di partito. L’emergere di nuovi schemi e alleanze trasversali può favorire una ripresa di partecipazione e, forse, la comparsa di personale politico competente. Non manca molto alle prossime tornate elettorali e l’invenzione di una nuova offerta politica potrebbe contribuire a rinnovare i comuni e il Parlamento.

La terza è che le regioni del Nordest devono superare la sindrome del pensiero unico. L’Emilia è la punta avanzata di uno stile amministrativo dirigista, nel quale la parte pubblica gioca un ruolo prioritario. Il Trentino-Alto Adige segue a ruota. Il Veneto e il Friuli sono, invece, campioni di uno stile di governo liberista, nel quale le scelte relative allo sviluppo sono delegate a imprese e società locali. Entrambe le soluzioni vanno riviste e ciò è possibile solo grazie a una reale apertura dei giochi, all’interazione tra culture ed esperienze alternative.

Lo schema dell’autonomia differenziata apre dunque una discussione vera sul sistema Italia, sul ruolo dei territori, dei cittadini produttivi e delle comunità locali. La società è cambiata e il sistema istituzionale non la rappresenta più. A Nordest non ci sono più i territori e cittadini di una volta, quelli che hanno inventato il modello dell’operaio che si mette in proprio. Ci sono giovani Erasmus che fuggono dagli schemi culturali e imprenditoriali degli anni ’80. Sono alla ricerca di un nuovo modo di fare produzione, in linea con la nuova frontiera europea.

Serve dunque una svolta. Se il dialogo tra Zaia e Bonaccini, non si ferma alle premesse, coinvolge altri presidenti di regione, e guarda lontano, il Nordest Italiano può contribuire al rilancio del Paese e al passaggio a una nuova fase politica.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (22 Febbraio 2022)

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