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21 Dicembre 2021 ~ 0 Comments

Delocalizzazioni e nuovo assetto dell’industria europea

Il panorama industriale europeo è stato radicalmente modificato dall’allargamento a Est dell’Unione. Dai primi anni di questo millennio si è venuto formando un nuovo “cuore manifatturiero”, centrato sui rapporti tra industria tedesca (ma anche olandese, austriaca e italiana), i quattro paesi dell’area Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) e la Romania.

Buona parte di questo “cuore manifatturiero” è composta di cluster industriali legati alla produzione automobilistica e meccanica. Non soltanto le politiche di sostegno dell’Europa, ma anche e soprattutto le dinamiche locali, tipiche delle filiere e dei distretti produttivi, hanno rafforzato la competitività delle regioni dell’Est, a danno di molti territori del nostro paese.

Il Piemonte, assieme al Nordovest italiano, ha subito l’impatto di questa trasformazione con un calo degli occupati in manifattura pari al -18.3% (tra il 2008 e il 2018). Il Nordest, nello stesso periodo, ha registrato con un calo di occupazione industriale del -11.4%. Nel settore automotive in particolare (Nordest Economia 19 Ottobre 2021) la crisi ha iniziato a mordere, per la transizione annunciata verso nuovi sistemi di mobilità, i colli di bottiglia che complicano il funzionamento della supply chain e le delocalizzazioni.

E d’altra parte abbiamo visto tutti crescere in modo esponenziale il traffico sull’A4, in direzione Trieste, negli ultimi anni, e la domanda di una terza corsia che non trova eguali sull’A22 del Brennero, indipendentemente dalle politiche di spostamento del trasporto merci su ferro.

Il caso Speedline si inserisce in questa dinamica come elemento di preoccupazione. Azienda sana, con una solida competenza produttiva, rischia di spostare il proprio patrimonio di esperienza tecnica e tecnologica all’interno del nuovo “cuore manifatturiero europeo”, non tanto per ragioni di costo, quanto di ambiente industriale.

E d’altra parte abbiamo visto tutti le trasformazioni del mercato del lavoro e la cronica difficoltà delle nostre aziende di manifattura a trovare manodopera qualificata e giovani disponibili a percorsi di vita e di lavoro nell’industria. Anche questo capitolo fa parte del futuro post-Covid.

Come altre regioni italiane, il Veneto non può dormire sonni tranquilli. Negli ultimi anni molte piccole e medie aziende eccellenti, soprattutto nei settori collegati alla componentistica automotive e al Made in Italy, sono passate nelle mani di fondi e reti industriali con capofila extra-territoriali. Fino a quando il nostro territorio resterà leader nella fornitura, attrattivo grazie alla complessità delle proprie filiere, non ci sono problemi. Quando però dovesse mancare la coesione del sistema, per l’assenza di politiche industriali adeguate, nel nuovo mondo Next Generation diventerebbe davvero difficile trattenere Speedline.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (21 Dicembre 2021)

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