Nel 2050 in pensione a 71 anni!
Il dibattito sul rapporto tra generazioni ha un andamento carsico nel nostro paese. E’ problema aperto, irrisolto, da almeno trent’anni. Complice l’ipocrisia dei partiti, dei sindacati e di svariate coorti di pensionandi della Seconda Repubblica, viene sistematicamente rinviato. Riemerge di quando in quando, se i conti peggiorano, oppure se arriva il cartellino giallo di qualche organismo sovra-nazionale, ma tende a rimanere sotto il tappeto.
L’OCSE (ufficio studi dei paesi sviluppati) pubblica in questi giorni una ricerca che dice tre cose molto semplici. I giovani italiani, che entrano oggi sul mercato del lavoro, possono sperare di andare in pensione non prima dei 71 anni di età. Non avranno un compenso pensionistico adeguato, soprattutto se entrano nel mercato del lavoro come autonomi di seconda generazione. Saranno, nel 2050, una sparuta minoranza (25%) della popolazione complessiva, non in grado di far quadrare i conti del sistema pensionistico o di assicurare servizi decenti alle persone anziane (a quel momento il 75% della popolazione italiana avrà più di 65 anni). Cioè, diventeranno vecchi senza speranza di assistenza.
Tito Boeri, quando era presidente dell’INPS, ha tentato di segnalare la questione, proponendo di inviare ai giovani lavoratori una “busta arancione”. La busta avrebbe dovuto contenere indicazioni sull’età della pensione, sul valore ipotizzato a fine vita lavorativa e soprattutto sulle modalità di accumulo di un montante integrativo volontario, senza il quale la pensione tende a restare “minima”.
I dirigenti dell’INPS hanno fatto notare al presidente che la diffusione di informazioni allarmanti avrebbe potuto mettere in difficoltà l’ente pensionistico nazionale, a causa di un eccesso di richieste agli sportelli. Ricordo ancora la reazione di una consulente bancaria di mia conoscenza, all’arrivo della busta arancione. Il proposito informativo di Boeri fu presto accantonato.
Niente buste arancione e niente dibattito sulle pensioni. Quota 100, scale, APE e altro di simile.
In questi giorni l’OCSE tenta di riesumare il tema, come vulnus strutturale della Seconda Repubblica italiana. Una Repubblica nella quale i padri agiscono sempre a danno dei figli. Dopo il ‘92, stabilendo seduta stante che molti diritti, contrattuali e pensionistici, sono cancellati per le future generazioni. Dopo il 2011 accompagnando nonna Fornero all’ospizio, come avesse l’Alzheimer, senza tener conto che l’estensione del contributivo a tutti ha messo una pezza di non poco conto nel bilancio statale a lungo termine.
Ma i giovani di questo paese, minoranza in fieri e cittadini senza diritti in corso, quanto aspettano a darsi una mossa? O si muovono subito contro i propri nemici oppure, al momento del bisogno, non troveranno neppure qualcuno con cui prendersela.
© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (10 Dicembre 2021)
Ha ragione professore, i giovani non si fanno sentire, ma come fare se le prime persone che motivano il pensionamento così tardi sono in casa? Il sistema pensionistico prima aveva una forma onerosissima, non è molto diffusa la cultura del “mettere il soldo da parte finché si può invece di sperperarlo”, i genitori della mia generazione bene o male lavorano ancora tutti nonostante abbiano iniziato dopo il diploma, perciò da giovane già mi aspetto che arriverò come minimo anch’io alla loro età a lavorare.
La busta arancione:mi fa ridere. Perchè è da consegnare ad un giovane laureato quando firma il suo primo contratto come stagista (25 anni) o come indet. (27 anni)? Sono anni di contributi non versati rispetto ai miei genitori, ad esempio. Dilemma successivo: mi merito un riconoscimento annullando questa differenza perchè ho impiegato il tempo a formarmi di più? Io direi di no, perchè con due lauree ho anche più possibilità di far carriera, guadagnare di più, avere pensione più alta, ma non tutti la pensano così. Però è vero anche che ora chiedono la laurea anche per quei lavori in cui un tempo andava bene il diploma di segretaria d’azienda… questione difficile
precisazione sulla mia situazione:
ho 25 anni e un lavoro a tempo indeterminato che ogni giorno mi propone sfide, fortunatamente non ho già iniziato a fare i conti degli anni che mancano (miei coetanei sì, appena iniziato a lavorare), ma in ufficio la fascia d’età delle colleghe è 45-62 anni. Mi è sfuggito di dire un giorno “Beh in fondo qua stiamo anche bene, pensate gli operai e le operaie che fanno lavori ben più difficili fisicamente per cui ne risentono a età tanto più basse in salute”… Non lo avessi mai detto! Le capisco, ma capisco di più chi fa altri lavori
Un saluto prof, da Castelbaldo, dai suoi asparagi e dalle sue mele
Caterina, studentessa di Venezia
Ciao Caterina!
Vedo che sei in “buona salute” e molto “reattiva”
Mi dà speranza che l’appello lanciato alla tua generazione (dalle pagine dei quotidiani del Gruppo GEDI) non resti inascoltato
Grazie del commento!
La prossima settimana inizio il corso di Politiche Economiche per lo Sviluppo Locale a Ca’ Foscari e introdurrò alcune modifiche, grazie ai tuoi suggerimenti e a quelli degli altri studenti della prima edizione
Tenetemi informato sulle vostre esperienze lavorative, così che sia possibile migliorare la qualità dei servizi universitari
A presto
P