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21 Settembre 2021 ~ 0 Comments

Lega di lotta e Lega di governo?

La posizione assunta da Luca Zaia sul tema dei vaccini, in aperta contrapposizione a Matteo Salvini, è stata interpretata come un sintomo di scollamento interno alla Lega. Da un lato il segretario federale, battitore libero, si è lanciato all’inseguimento di FDI, verso i no-vax e no-pass. Dall’altro i governatori, sensibili al pragmatismo della base industriale del Nord e alle scelte dei cittadini, si sono schierati in favore di politiche sanitarie prudenti.

Redde rationem? Niente affatto!

Opportunismo su entrambi i fronti, divisione del lavoro e rigoroso rispetto di una logica sindacale, rivendicativa, sia pure con toni e modalità diverse.

Forse che Zaia, impegnato in questi giorni a rilanciare il tema dell’autonomia, approfittando delle aperture di Mariastella Gelmini, ha una proposta di governo per l’Italia? Tende forse a rivendicare l’anomalia del Veneto, e più in generale del Nordest, perché ha in mente un modello di sviluppo?

Neanche per sogno!

La Lega stenta, a tutti i livelli, non solo al Ministero dello Sviluppo, ma anche nelle regioni in cui governa, a proporre una svolta vera nelle politiche economiche, in direzione di relazioni partecipative e complementari, tra regioni e territori. Come l’ispirazione federalista vorrebbe.

La Lega resta, invece, sindacato di territorio, organizzazione capace di mobilitare amministratori locali e associazioni attorno a obiettivi rivendicativi, nei confronti di Roma e di molte regioni del Mezzogiorno, senza prefigurare modelli alternativi al centralismo attuale.

Un tempo l’ipotesi federalista era alimentata da visioni dirompenti, come quelle di Gianfranco Miglio. Oggi la Lega vivacchia tra posizioni estremiste, come quelle di Borghi e Bagnai, e visioni continuiste, centraliste, come quelle di Giorgetti.

Eppure è sempre più evidente che liberismo e autonomia sono valori e obiettivi insufficienti a costruire un patto nazionale di rinascita e resilienza. Non provano i leader nazionali della Lega ad affiancare Draghi nella costruzione di un progetto per l’Italia, che superi i limiti incontrati dalle proposte neo-keynesiane tradizionali. Né i leader regionali sembrano capaci di oltrepassare i magri risultati raggiunti dalla stagione degli accordi di programma e dei patti territoriali, inventata dalla sinistra e tuttora riferimento chiave, per le politiche di sviluppo locale, anche nel Nord, ma poco efficace.

Le divergenze affioranti, nel gruppo dirigente della Lega, non sono dunque sintomo di dibattito e vivacità programmatica. Non emerge una visione innovativa del rapporto tra Nord e Sud, oltre i Green Pass e gli slogan da campagna elettorale.

Il problema è che, se tutti si dedicano al gioco “sindacale”, non andiamo molto lontano. Anche perché, i governatori del Sud, in questo gioco, sono molto più bravi di quelli Nord.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (21 Settembre 2021)

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