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05 Agosto 2021 ~ 0 Comments

Individuo e società

Ci sono due modi per descrivere il rapporto tra individuo e comunità. Il primo è quello di Menenio Agrippa e Karl Marx: a ciascuno secondo i suoi bisogni e da ciascuno secondo le sue capacità. Il secondo è quello di Masaniello e Robespierre: tutto il potere al popolo, il conflitto è la vera soluzione.

Elementare Watson! La comunità umana è composta di individui uno diverso dall’altro. Per sopravvivere in un contesto ostile, non può far altro che trovare il posto adatto a ciascuno. Un posto unico, storicamente determinato, che concorre al risultato finale, attraverso doveri e diritti di partecipazione. Tagliati su misura.

L’apologo di Agrippa è una struttura narrativa astratta, ma promuove la ricerca di continue mediazioni (complesse). Menenio fu inviato dal Senato a mediare con la Plebe inferocita, per costruire un accordo. E, pazientemente, ha cercato di dare a ciascuno il suo e, per contro, di ottenere da ciascuno il meglio. Temporaneamente, fino all’accordo successivo. Ovvio che la mediazione è difficile, perché non esiste un’unica visione del mondo e della società, e ci sono ruoli, domande e livelli di competenza e consapevolezza differenti. Ci sono le aporie e i vuoti di sapere. E poi c’è sempre qualcuno che vuole fare il furbo. Tuttavia l’obiettivo tendenziale tiene insieme individuo e società, in un gioco virtuoso.

Al contrario la logica dei ruoli fissi, dell’accordo scritto nel marmo o nella scienza, dell’uno vale uno, contrappone individuo e società. In apparenza, il conflitto tra diversi è utile per l’amministrazione. La concorrenza tra individui, per entrare in ruolo, aumenta la produttività del sistema attraverso la selezione. E’ triste e ingiusta, ma favorisce la produttività. L’apparente semplicità di questa seconda narrativa si scontra, tuttavia, con la complessità del reale e la sua continua evoluzione. Esalta comportamenti da free-rider, giustifica comportamenti antisociali e, salvo fortunate condizioni (quelle descritte dal pensiero liberale), porta al sottoutilizzo strutturale delle risorse disponibili.

La storia d’Italia è una storia di comunità coese e complesse, nelle quali lo spazio dell’individuo è sempre stato integrato a quello del comune. Lo stesso capitalismo dal volto umano dei distretti, in epoca industriale, non è altro che la riproposizione di un rapporto virtuoso e complesso tra individuo e società, che contraddistingue la nostra nazione da secoli.

Oggi la sfida si ripete. Dopo sovranismi e pandemie, Draghi/Agrippa prova a riprendere il filo del discorso interrotto. Prova a riprodurre il miracolo italiano, nell’era delle reti. Reti che hanno bisogno di algoritmi complessi, integrati tra loro, a livello locale, nazionale ed europeo. E soprattutto nuove competenze. Teniamoci stretto lo schema di Agrippa/Draghi, perché resta appeso a un filo, ma è l’unico che serve.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (5 Agosto 2021)

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