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03 Luglio 2021 ~ 0 Comments

Draghi fa scuola in Europa

Da quando c’è Draghi, il dibattito politico si è fatto più serio. La sua competenza, la sua visione e la capacità di fare squadra hanno ridotto gli spazi per le “prime donne” e i commissari tecnici da bar. Esattamente come accaduto con la nazionale di calcio, dove un coach autorevole come Mancini, ha saputo costruire una visione di gioco e una squadra intercambiabile, all’interno del quale nessuno è indispensabile.

Questa è la chiave del successo in un sistema complesso che ha bisogno del contributo di tutti: giocatori, preparatori atletici, cuochi, tifosi e commentatori.

Il fatto che il governo Draghi abbia dato priorità al PNRR e alla logistica dei vaccini ha sparigliato il tavolo dalle diatribe irrilevanti (sugli orari di apertura, sulle lotterie degli scontrini, sulle rotelle dei banchi). E’ il risultato di una competenza personale e di una squadra di tecnici affiatata. Quando Cingolani afferma che la transizione ecologica sarà un “bagno di sangue” assume un atteggiamento pragmatico, che spinge cittadini e imprenditori a considerare quanto angusto e difficile sia il sentiero della sostenibilità vera e duratura. Toglie spazio ai portatori di soluzioni miracolistiche.

E’ uno stile di governo che fa scuola in Europa. Draghi è inesorabilmente destinato a raccogliere il testimone della Merkel, in un quadro continentale in cui mancano leader capaci di interpretare il sentire comune e di assumere posizioni autorevoli nei confronti degli interlocutori globali: Biden, Putin, Xi Jinping, Erdogan… Ci sarà dunque allineamento tra politiche europee e politiche nazionali.

E tuttavia Draghi non ha un partito. Comunica attraverso l’esempio, la buona narrazione e i tavoli di confronto istituzionale. La sua comunicazione è essenziale allo sviluppo, perché può mobilitare cittadini e imprese.

Nel dopoguerra, nonostante le distanze culturali e politiche tra i partiti, la scelta occidentale, lo sviluppo urbano e industriale hanno rappresentato obiettivi comuni a tutte le componenti del Paese, da Nord a Sud. Negli anni ‘90, dopo il terrorismo e i conflitti sulla scala mobile, la scelta del campo europeo, la politica dei redditi e la modernizzazione della PPAA, sono state un riferimento condiviso a destra, come a sinistra. E tuttavia non hanno ridotto il debito e dato vita a una vera Seconda Repubblica.

Oggi le priorità sono chiare: sostenibilità e sviluppo digitale. In Italia questo significa rigenerare la Grande Bellezza, soprattutto in Val Padana, in alternativa alla tentazione di vivere di rendita sul patrimonio culturale del passato. La rivoluzione digitale rappresenta invece la via d’uscita definitiva da uno Stato borbonico e da una PPAA inefficiente.  

L’aumento di produttività di cui l’Italia ha bisogno deriva da un patto sociale diverso da quello del ’93. Meno politico e più articolato a livello territoriale.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (3 Luglio 2021)

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