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17 Giugno 2021 ~ 0 Comments

Occidente e Nordest. Si è spenta la fiammella…

Il Giappone ha avuto un ruolo importante negli anni ’80. E’ stato un modello di industrializzazione e sviluppo. In pochi anni, non solo ha superato gli Stati Uniti, in termini di velocità di crescita del PIL e innovazione, ma è riuscito a conquistare roccaforti simboliche del capitalismo americano, come il Rockefeller Center di New York (1989).

Il segreto del successo è il perfetto allineamento tra élite nazionale e popolo. Un’intera generazione ha lavorato giorno e notte per raggiungere e superare, sul piano economico, il nemico militare della Seconda Guerra Mondiale, responsabile della distruzione di Hiroshima e Nagasaki.

L’epopea del Giappone è magistralmente descritta da Ronald Dore, nel suo saggio sulla varietà dei capitalismi (Bisogna prendere il Giappone sul serio), pubblicato in Italia 1990, e da Michael Crichton nel suo famosissimo romanzo “Sol Levante”, del 1992.

Dopo il successo, il Giappone è scomparso dalla scena. La generazione protagonista del catch-up è andata in pensione ed è stata sostituita da una generazione di rentiers, poco interessati a competere con l’Occidente o con la Cina, poco interessati a far parte di un “sistema di eccezione”, disponibili a tingersi i capelli, per seguire modelli di vita lontani da quelli dei vecchi genitori.

Cosa c’entra l’esempio del Giappone? … diranno i lettori di questo editoriale. C’entra, eccome, con le vicende del Nordest, del Veneto autonomista e anche dei G7.

I paesi occidentali, oggi, dopo il successo della bit economy e la sconfitta della pandemia, non hanno più obiettivi da raggiungere. Non riescono a stabilire un accordo tra élite e popolo, che mobiliti le masse verso un modello economico e sociale diverso dal presente.

Vediamo se emerge qualcosa alla riapertura, ma i segnali non sono confortanti. Nonostante la grancassa del Next Generation Fund, nonostante Greta e la sconfitta del trumpismo, l’incontro dei G7 non rappresenta il nucleo fondativo di una nuova egemonia. E’ avvolto da un velo di sottile decadenza. Neanche contro la Cina c’è intesa. Tanto il nemico è ridotto al rango di un sistema squinternato, incapace di tenere a bada animali da tavola e virus di laboratorio.

Cosa può fare il popolo in un simile frangente? Non può che aggrapparsi ai vecchi riti, agli spritz nelle città d’arte, ai viaggi del turismo organizzato, agli Europei di calcio, in attesa delle Olimpiadi. Non c’è tensione. A livello Veneto, e Nordest, si è spenta la fiammella. Non c’è voglia di riscatto, voglia di fare, di investire su un regionalismo nuovo. Zaia si gode la pensione, in ossequio al localismo provinciale chiuso in sé stesso, nei secoli dei secoli. E le giovani generazioni guardano altrove.

La breve parentesi post-sessantottina, dei distretti e del Gazzettino di Giorgio Lago, è definitivamente chiusa.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (17 Giugno 2021)

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