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26 Aprile 2021 ~ 0 Comments

Gli ITS (Istituti Tecnici Superiori) come botteghe del sapere

Gli Istituti Tecnici Superiori come botteghe del sapere

Tutti parlano di ITS (Istituti Tecnici Superiori). Il governo vuole investire un miliardo e mezzo in questa nuova forma di istruzione terziaria (post-diploma di scuola superiore), a fianco dell’università. Confartigianato, Confindustria e associazioni sindacali sono disponibili.

Tutto bene dunque? Famiglie e ragazzi hanno capito cosa offre la stagione educativa del governo Draghi? Non proprio. La comunicazione è ancora incerta e l’identità dei nuovi percorsi indefinita. Anzi, riduttiva. Nonostante il perfetto allineamento tra il Ministro Bianchi e l’Assessore Donazzan, sul fatto che il Veneto (e il Nordest più in generale) possa essere un laboratorio per l’Italia.

Nella vulgata popolare, gli ITS sono ancora percepiti come la continuazione della scuola superiore con altri mezzi, un’occasione per fare attività di laboratorio, oltre gli spazi sempre più angusti dei programmi ministeriali “standard” e dei PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) ridotti a mero esercizio intellettuale.

Eppure gli ITS del futuro sono un’altra cosa. Luoghi di apprendimento attivo, secondo modalità opposte a quelle deduttive-frontali dell’università e della scuola superiore gentiliana. Spazi interni a una nuova generazione di imprese educative (parole del Ministro Bianchi), che investono su maestri caposcuola, nelle discipline tecnologiche, così come nelle attività creative e nell’immateriale.

In Germania, grazie all’esperienza Bauhaus, il valore educativo dell’impresa e del sapere pratico è centrale nel patto nazionale. Anzi il ruolo dell’arte e dell’artigianato tecnologico è un pilastro portante del sistema “duale”, che mette sullo stesso piano le fachhochschule e le università.

In Italia invece, nonostante il Rinascimento, il valore educativo dell’impresa è diventato marginale. Imperversa il pensiero unico della cultura classica e dell’insegnamento cattedratico. Sui quadri intermedi e sulle competenze trasversali, vere, non investe nessuno. L’apprendistato è degradato al rango di azione caritatevole, finalizzata al recupero di drop-out dalle carriere “standard”. Eppure, sappiamo tutti quanto conti la reputazione dei maestri per attirare i talenti. Quanto sia importante fondere insieme sapere deduttivo ed esperienza empirica per produrre innovazione.

Tutto questo è negato dal sistema italiano, che guarda con sospetto a Montessori e Don Milani e trascura il ruolo delle botteghe del sapere. Così però i giovani se ne vanno, nei territori capaci di ospitare “reti dell’arte” moderne e bene attrezzate, animate da buoni maestri soprattutto, in spazi metropolitani aperti, lontani anche esteticamente dalle fabbriche collegio e dalle scuole amministrate da educatori “di carriera”.

Ecco, gli ITS devono diventare una rete di imprese educative, anche da noi, luogo di fusione di saperi adatti al pensiero laterale.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (26 Aprile 2021)

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