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13 Febbraio 2021 ~ 0 Comments

L’equilibrio del governo Draghi

Draghi ha composto una squadra di governo che tiene conto degli squilibri del paese, più che degli equilibri tra le forze politiche.

Il primo importante squilibrio è quello che separa il Centro-Nord dello sviluppo dal Sud dell’assistenza. Il governo Conte 2 è apparso troppo sbilanciato in direzione dell’assistenzialismo del Sud, sia nella composizione dell’esecutivo, che nelle linee di azione. Complice la crisi pandemica, ma soprattutto l’intesa politica tra PD e 5 Stelle, i temi dello sviluppo sono finiti in secondo piano, perfino nell’elaborazione del Recovery Plan. Se n’è accorto Renzi (tardi), ma prima di lui se n’erano accorti i rappresentanti delle forze economiche e sociali. I ministri Provenzano e Boccia, oltre a Di Maio, erano inequivocabilmente allineati su una visione “meridionalista” dell’Italia, in stridente contrasto con i tempi e con i bisogni dell’economia.

Il secondo squilibrio è quello che separa gli ambienti della PPAA dal settore privato. Negli ultimi vent’anni è drasticamente calata la capacità del sistema pubblico nazionale di offrire servizi e infrastrutture all’altezza di un paese moderno e soprattutto di dare alle imprese (e alle famiglie) beni collettivi per la competitività, utili allo sviluppo locale. L’eccessiva attenzione a imprese nazionali decotte (come Alitalia, MPS, ILVA, Autostrade), associata a un uso improprio delle risorse della CDP, ha lasciato i territori orfani di funzioni essenziali di crescita. Quanto accaduto, nei due governi Conte, nell’area della salute di territorio, nelle infrastrutture digitali e soprattutto nelle istituzioni scolastiche, sono un esempio eclatante di quanto stiamo dicendo.

Il terzo squilibrio è la deriva “estremista/populista”, che ha privato il Paese e i partiti di personale adatto a elaborare strategie e assumere ruoli di governo. Già prima delle elezioni del 2018, che hanno portato in Parlamento una classe politica inadeguata, le frange estreme delle tifoserie politiche si erano impossessate delle leve decisionali (in fase di campagna elettorale, ma anche nell’amministrazione della cosa pubblica), portando all’interno del “perimetro” del governo atteggiamenti e riti che non dovrebbero farne parte. La preferenza dei ministri della Repubblica per i talk-show televisivi e la comunicazione via social è stato un tratto caratteristico di questa deriva.

A questi squilibri il governo Draghi prova a metterci una pezza, invertendo la tendenza, deleteria per il Paese. Riuscirà a rimanere in equilibrio? Dipende. Non tanto dalla buona volontà delle forze politiche attuali, quanto soprattutto dalla capacità degli italiani di capire la situazione, assecondare la svolta e impegnarsi a costruire nuove strutture di rappresentanza (che sappiano selezionare élite di valore e classe di governo), evitando leggerezze costose come il voto del 2018.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (17 Febbraio 2021)

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