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15 Gennaio 2021 ~ 0 Comments

La politica dei due tempi

Il piano di Mattarella comincia a prendere forma, nel solco della tradizione della politica dei due tempi. Procedere subito con l’approvazione del Recovery Plan (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), vuoto di contenuti, ma compliant con le richieste della Commissione Europea, e lasciare alla crisi di governo e al dibattito successivo il compito di riempire il piano di contenuti e di trovare i costruttori capaci di provvedere alla sua attuazione.

Una cosa alla volta. Dopo sei mesi di discussioni inutili, tenendo conto dell’incompetenza della classe politica e dell’inconsistenza del ceto amministrativo, nazionale e regionale, Mattarella ha preso atto che un progetto per il sistema paese non c’è e non è materialmente producibile nelle riunioni convulse dei ministeri, del governo attuale e del Parlamento. Dunque è sufficiente definire un quadro di spesa, più o meno compatibile con i parametri dettati dall’Unione Europea, raffazzonato sulla base di indicazioni dell’OCSE o di qualche altra organizzazione accreditata, conforme a quelli presentati dagli altri paesi, e incassare, per il momento, i 200 e passa miliardi a disposizione. Poi ci sarà tutto il tempo per studiare i singoli provvedimenti e avviare i progetti operativi di spesa. Il Next Generation Fund rimborsa le spese effettuate nei prossimi due o tre anni, in ragione di quanto effettivamente avvenuto, con una certa disponibilità al negoziato su eventuali aggiustamenti all’interno del quadro generale definito all’inizio.

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana (Foto tratta da quirinale.it)

C’è tutto il tempo per approvare subito la cornice del quadro e avviare, dopo la crisi di governo e forse anche nuove elezioni, il dibattito sul piano attuativo e sulle competenze che bisognerà mettere in campo.

Gli scenari sono più di uno. Il primo è quello di un Conte Ter che, sull’onda dei precedenti governi usciti dalle elezioni del 2018, proceda alla definizione degli investimenti attraverso la mediazione con i partiti attuali e con le attuali regioni. Il secondo è quello di un nuovo governo, successivo a una consultazione elettorale, condotta con le nuove regole di elezione, che stabilisca nuovi equilibri tra le forze politiche emerse dopo il quasi default del 2011 e il governo tecnico di Mario Monti.

Una terza possibilità, che appare tuttavia remota, stante l’assetto politico e istituzionale attuale, è quella di un governo “costituente” di unità nazionale (presieduto dal Mario Draghi di turno) che, preso atto della necessità di riformare il Senato, nella direzione indicata da Renzi nel 2016, tenuto conto della drammatica crisi di solvibilità del sistema paese, metta in piedi un percorso di ristrutturazione delle istituzioni politico-amministrative e porti non solo all’implementazione virtuosa del Next Generation Fund, ma anche al disegno di una Terza Repubblica che superi i difetti delle precedenti.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (15 Gennaio 2021)

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