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07 Dicembre 2020 ~ 0 Comments

Tre riflessioni sul Next Generation Fund

(a partire dal “Caso Mustier” e dalle strategie di investimento dei fondi per la ripresa in Europa)

Le dimissioni di Jean Pierre Mustier dal vertice di Unicredit gettano un’ombra non tanto sul futuro del sistema bancario italiano, quanto sulle reali intenzioni della nostra classe dirigente, alla vigilia di una delle più importanti stagioni di riforme che il Paese ricordi.

Game over. La centralità riacquistata dalla “politica” e dall’incompetenza, nel ceto legittimato dalle urne, sta portando l’Italia a una situazione di estrema difficoltà.

Non è vero che, se non fosse arrivato il Covid, l’establishment nazionale avrebbe serenamente organizzato la transizione dell’economia e dello Stato, verso traguardi di prosperità. E’ vero il contrario. Se non ci fosse stata la notte del Covid e l’intervento straordinario della BCE e della UE, il sistema Italia sarebbe forse in condizioni peggiori di quelle attuali, con uno spread a livelli di guardia.

Nulla è cambiato dopo le elezioni del 2018, nulla dopo la nascita del “governo del cambiamento”, nulla nel corso del rocambolesco inviluppo del Conte 2. La notte del Covid ha nascosto il profilo mediocre del nostro gruppo dirigente e rafforzato il patto scellerato, di maggioranze e opposizioni, a favore del debito.

Il Recovery Fund è salutato in Europa come il punto di partenza di una nuova fase di potenziale sviluppo, in ragione degli obiettivi di sostenibilità ed equità generazionale. Tuttavia, salvo lodevoli eccezioni, il Next Generation Fund verrà utilizzato in Italia solo per aumentare i debiti delle generazioni future, ampliando i buchi neri di una sistema economico e amministrativo malato: Alitalia, ILVA, Autostrade e Monte dei Paschi. In questo modo l’Italia non solo non sarà più un paese per giovani, ma non sarà neppure un paese per manager e progetti imprenditoriali di classe mondiale.

Il caso di Jean Pierre Mustier è emblematico, da questo punto di vista. Inseguendo una visione ambiziosa, paragonabile a quella di Sergio Marchionne nel settore dell’auto, il manager (multi-nazionale) di Unicredit ha provato a disegnare un profilo di banca europea, con ampie prospettive, capace di attirare investitori da tutto il mondo (tipo Black Rock), essendo radicata nei territori più ricchi di risparmio in Europa.

Che Unicredit abbia radici italiane è un elemento secondario in tale progetto. Ma questo ha indispettito la classe dirigente nazionale, che preferisce portare al massacro Unicredit, come Alitalia, ILVA, Monte dei Paschi, Società Autostrade, ecc., piuttosto che accettare un posto in seconda fila in aziende con un profilo globale, guidate da manager competenti, con una visione più ampia del campanile.

E noi, risparmiatori diligenti, imprenditori impegnati nella trincea del mercato, negli spazi riservati ai semplici cittadini che tirano la carretta, cosa dobbiamo fare, a questo punto? Dobbiamo chiedere aiuto direttamente alla Merkel?

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (7 Dicembre 2020)

Uscire dalla “gabbia” nazionalista nella gestione del Recovery Fund

Il panorama desolante che abbiamo davanti richiede soluzioni realistiche, ma contro-intuitive. Seguendo la narrazione prevalente, all’interno del governo, ma non solo, l’Italia dovrebbe resistere alle sirene del MES e amministrare il Recovery Fund cercando di fottere i partner europei. In altri termini: usare i prestiti UE (intesi come “regali” a fondo perduto) secondo luoghi comuni che accomunano maggioranza e opposizione.

Il primo luogo comune è l’idea che la Germania voglia fotterci per prima. E dunque dobbiamo fare di testa nostra (su questo sono tutti d’accordo sulla linea Salvini). Dobbiamo raccattare quattrini, senza vincoli, per nazionalizzare aziende di “bandiera” che tengono alta la reputazione del Paese (su questo sono tutti d’accordo sulla linea dei 5 Stelle). Tanto è solo un gioco politico.

Il secondo luogo comune è che il debito non è un problema. La BCE non può fare a meno di comprare i titoli italiani e, nel caso in cui questo dovesse capitare, L’Italia può sempre dichiararsi insolvente e non rimborsare i risparmiatori, oppure mettere una “patrimoniale” a carico dei più ricchi o delle multinazionali. Su questo sono tutti d’accordo sulla linea del PD-LEU.

Peccato che la nostra classe dirigente (maggioranza e opposizione) sia totalmente inaffidabile. Mentre l’Italia affonda (quarto paese per tasso di contagi dopo gli USA, l’India e il Brasile) non trova altro da fare che discutere di statistiche territoriali (truccate), colori dell’arcobaleno, turni di chiusura, limiti alla circolazione delle persone. Senza ottenere risultati favorevoli ai cittadini. L’economia langue perché nessuno (nessuno!) è stato capace di portare a zero la diffusione del virus e tracciare in modo serio i focolai.

E adesso che dobbiamo decidere il più importante pacchetto di investimenti dalla fine della guerra, lasciamo maggioranza e opposizione libere di farfugliare a vuoto lungo un sentiero nazionalista senza futuro? Non sarebbe meglio, più decoroso, avviare un serio negoziato con la Germania per trovare soluzioni condivise non solo sui buchi neri storici del sistema, ma anche sulle infrastrutture di nuova concezione?

La Merkel ha già dato prova di affidabilità, quando ha deciso di investire sull’Europa, con il Next Generation Fund. Perché non prendere sul serio la sua disponibilità? Perché non negoziare una seria soluzione per Alitalia o per ILVA, una riforma seria del sistema bancario e immaginare infrastrutture di mobilità e comunicazione, nelle quali Italia e Germania investono di comune accordo e con vantaggi reciproci?

E’ contro-intuitivo, ma la soluzione dei nostri problemi sta in una visione dell’Europa e della Germania come partner futuro, non come concorrente da fottere con destrezza. Possibile che nessuno ragioni in modo coerente con questo “semplice” assunto?

Next Generation Europe

Il caso Mustier ha messo in evidenza che ci sono ancora troppe resistenze alla costruzione di aziende competitive “europee”. Nel caso di Unicredit, il designer del progetto ha trovato ostacoli non solo in Italia, ma anche in Germania. In Italia gli azionisti di Stato contrari alla public company di mercato e in Germania il comitato di co-gestione sindacale di Commerz Bank contrario alla nascita di un polo indipendente che si sottragga alla nazionalistica protezione del governo tedesco.

La Merkel ha aperto la strada alla nuova Europa quando, rompendo la diffidenza dei propri colleghi nazionalisti ha deciso di dare vita al Recovery (Next Generation) Fund come strumento di investimento da finanziare con debito comunitario. La Merkel ha inoltre motivato la scelta come alternativa alla strada seguita ai tempi della crisi greca, quando la Troika è intervenuta, per nome e per conto di Bruxelles a sanzionare comportamenti eterodossi dei greci, in quanto greci, senza intervenire con proposte in positivo.

Manca però ancora un passaggio per arrivare a destinazione. Bisogna che i fondi del Next Generation vengano usati per progetti “europei”, decisi congiuntamente da diversi governi caso per caso.

Facciamo un esempio chiaro per noi italiani. I soldi del Next Generation non devono arrivare ad Alitalia, come azienda italiana da salvare in un paese “malato”. Al contrario, i governi interessati a sviluppare un progetto europeo serio per il futuro trasporto aereo (competitivo con i progetti di altri paesi – British, EasyJet, Rianair, Emirates…) dovrebbero decidere “assieme” di investire su Alitalia, offrendo alla compagnia un management adeguato, non per dare un’Aspirina (Bayer) al “malato” italiano (dentro un gioco di favori reciproci), ma per realizzare un’operazione “europea” che duri negli anni. Idem per i progetti nel settore bancario (tipo Unicredit) oppure nel settore dell’acciaio (ILVA) o delle autostrade.

Inutile dire che questo percorso non c’è e che la gestione del Next Generation continua a essere ultra-nazionalista: ognun per sé e debito europeo per tutti. Ma qualcuno deve sollevare la questione, per porre le basi della nuova Europa, per andare oltre lo stadio attuale della federazione tra nazioni.

Se i governi attuali (con i cittadini al seguito) non si percepiscono come partner di progetti comuni a somma positiva, se tutti continuano a pensare che il Next Generation Fund sia un accordo sul debito, a valle del quale ogni paese sostiene le proprie imprese contro quelle degli altri, non si va da nessuna parte!

Possibile che nessuno in Europa ragioni in questi termini? Neanche la Merkel? Allora davvero bisogna confidare nella Next Generation, perché quella attuale non è proprio capace di tirarci fuori dai guai.

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