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31 Ottobre 2020 ~ 0 Comments

Nuovi schemi per combattere l’ondata 2.0

Siamo arrivati impreparati alla seconda ondata di Cornavirus. E non sappiamo come affrontare la nuova emergenza. Perché?

Perché non abbiamo scelto in tempo il Piano A (quello della Cina e degli altri paesi orientali), che prevedeva di azzerare i contagi, attraverso la tecnica del tracciamento e dei lockdown localizzati. E non siamo neppure disponibili al Piano B (quello degli USA e di Bolsonaro), che prevede di convivere con il virus e di non prestare attenzione a morti e feriti.

Noi europei siamo in mezzo al guado. La nostra politica, inclusa quella italiana, ci ha condotto in un vicolo cieco. I nostri rappresentanti hanno cercato di mediare, ma hanno rinviato le decisioni chirurgiche. Non hanno avuto il coraggio di imporre la medicina amara di Xi Jinping, né quella eticamente discutibile di Trump e Bolsonaro. Non hanno saputo costruire un dispositivo di protezione alternativo, realmente efficace.

Soprattutto, non hanno previsto che l’emergenza 2.0 sarebbe stata completamente diversa dalla prima. Con il Coronavirus in casa. Nella nuova situazione i lockdown e i divieti non hanno senso. Il virus circola liberamente e non può essere confinato in singoli territori. La tecnica del tracciamento è impraticabile e la segregazione delle persone inefficace. L’indennizzo degli operatori economici è finanziariamente insostenibile.

L’ondata 2.0 non può essere affrontata con gli stessi strumenti di marzo.

La politica è quindi impotente, un’altra volta, e impreparata. Non può procedere con i divieti. Non ottiene risposte dalla Protezione Civile e dai CTS governativi. Non può fidarsi dei commissari ed è frastornata dalle raccomandazioni contraddittorie dei comunicatori mediatici e televisivi.

Dovrebbe affidare il comando agli operatori del sistema sanitario, che hanno i titoli e le conoscenze utili per decidere, ma non sa come autorizzare questi “gestori del bene comune Salute” ad assumere pieni poteri.


Per un approfondimento vedi il documento pubblicato dalla Fondazione Hume

Il Premio Nobel Elinor Ostrom, che ha studiato le Magnifiche Comunità dei territori Ampezzani, ha spiegato che il “bene comune Foresta” è stato preservato meglio dalle regole e dalle decisioni autonome dei boscaioli, assunte per nome e per conto della comunità, piuttosto che dalle mediazioni dei decisori politici.

Tentare un esperimento di questo tipo, che non ha precedenti nella storia recente, post bellica, sembra impossibile nel pieno di una crisi sociale, sanitaria ed economica di dimensioni eccezionali. Eppure avrebbe senso. Non è un’ipotesi fuori dal mondo.

A mali estremi, estremi rimedi. Cominciamo a pensarci mentre sfogliamo la margherita dei provvedimenti e dei fallimenti del sistema di comando ordinario. La coesione sociale e la fiducia non si costruiscono per decreto. Hanno bisogno di rappresentanti autorevoli e competenti.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (31 Ottobre 2020)

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