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06 Ottobre 2020 ~ 0 Comments

La pandemia presenta il conto

La pandemia presenta in conto. Snobbata da molti come problema inventato, come influenza pericolosa, ma non letale, enfatizzata dal governo per ragioni politiche, sta oggi riprendendo forza e conduce, quasi inesorabilmente, verso nuovi lockdown.

Va esattamente nella direzione opposta a quella sperata. Ma è un dato di fatto che, governo o non governo, i mercati languono, i consumi calano, le botteghe chiudono. La rinuncia a combattere seriamente il Covid 19 ha portato l’intero Occidente a una crisi economica senza precedenti. I cittadini sono provati. Litigano su vaccini e mascherine. Sono sull’orlo di una crisi di nervi.

Questo è il risvolto imprevisto dell’epidemia: la perdita di coesione e di lucidità. E’ il prezzo inevitabile di una sorta di ludopatia collettiva che ci ha indotto a scommettere, acriticamente, su un illusorio ritorno alla normalità.

Adesso è inutile arrabbiarsi con il governo, perché è stato troppo prudente all’inizio e troppo lassista durante l’estate. O con le regioni, che hanno giocato a rimpiattino. Prima mettendo in mora il governo sulle regole restrittive, poi facendo a gara, Veneto in testa, per riaprire senza criteri e un minimo di pragmatismo.

Inutile schierarsi in prima fila, per denunciare le falle dei ministeri a proposito di scuola e sanità. Perché, subito dopo la ola ai governatori e l’ossequio alle cassandre del Coronavirus, tornano ad affiorare delusione e spaesamento.

La crisi presenta il conto, mettendo tutti contro tutti, e il popolo davanti allo specchio. Così vede il profilo invecchiato, le riserve che si assottigliano, la progenie costretta in aula con il cappotto.

La crisi presenta il conto, perché è pia illusione pensare che basti la BCE per chiudere il debito, che basti la sanità pubblica per convivere comodamente con la pandemia, che basti il Recovery Fund per aumentare efficienza e produttività del lavoro. Gli italiani devono abbandonare lo spirito del giocatore e la speranza che arrivi una vincita esterna a dare un colpo di spugna.

Siamo al momento della verità, come dopo l’8 settembre ’43. Tutti noi, gente comune, dobbiamo prendere atto che un mondo è finito e dobbiamo impegnarci, ancora una volta, a costruirne uno migliore.

La fase gloriosa della famiglia-impresa, di industria 3.0 e di un sistema educativo duale basato sull’alternanza tra scuola e lavoro è arrivata al capolinea. E, tra poco, arriverà anche il conto economico-finanziario della nostra illusione: crisi immobiliare, mancanza di cassa per le strutture pubbliche, perdita in conto capitale per molte imprese, ulteriore riduzione di reddito e capacità di consumo per le famiglie.

Prima o dopo tornerà il sereno. Ma, come dopo la guerra, dovremo ragionare in modo diverso. Senza nessuna nostalgia per il passato.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (6 Ottobre 2020)

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