Home » Prima pagina » Fare, senza aspettare lo Stato

02 Settembre 2020 ~ 0 Comments

Fare, senza aspettare lo Stato

La società civile ha il dovere di muoversi in autonomia, negli spazi che la stessa Costituzione le assegna

La riapertura delle scuole e delle fabbriche avviene all’interno di un quadro confuso, nel quale, come dice il presidente di Confindustria, nessuno dei nodi strutturali del Paese viene affrontato in modo convincente. Questa situazione è figlia di una drammatica incapacità della classe politica di elaborare un’agenda comprensibile, ma anche del fatto che la comunità scientifica e le organizzazioni della società civile hanno abdicato al proprio ruolo.

A fronte di un referendum sul numero dei parlamentari, che risulta ogni giorno più inconsistente, quasi offensivo, poiché non risolve né il problema della rappresentanza, né quello di un ordine di priorità alle questioni urgenti del sistema paese, come si muove la società? I cittadini stanno organizzandosi per votare no, così come le famiglie e i dirigenti delle scuole stanno auto-organizzandosi per risolvere il problema dei banchi e dei posti a sedere sugli autobus. E cosa succede negli ambiti critici dell’economia e del lavoro?

Giusto rispettare i ruoli. Giusto non aumentare la confusione. Giusto attendere le indicazioni delle autorità nazionali, ed europee, per mantenere un minimo di coesione sociale. Tuttavia, se l’agenda del governo continua a essere abborracciata e lontana dai temi che possono davvero mobilitare i cittadini, in termini positivi, al servizio del Paese, è un dovere della società civile reagire autonomamente, usando la propria forza, e competenza, per elaborare un’agenda alternativa.

Già in passato ho avuto modo di stuzzicare Confindustria Veneto sul tema dell’assetto metropolitano regionale, così come ho ragionato di investimenti sulle risorse immateriali del territorio, a prescindere dall’agenda, lenta e confusa, della politica.

La lettera di Carlo Bonomi alle territoriali di Confindustria mi sollecita a re-intervenire.

Quando Bonomi dice: basta ai “vecchi” contratti, basta allo scambio salario-orario, avanti con accordi aziendali partecipativi, introduce nell’agenda delle riforme questioni importanti. Non aspetta che il governo decida cosa fare del MES e del Next Generation Fund. Apre un dialogo con le giovani generazioni, che non sono protette né dal governo, né dalle “vecchie” organizzazioni sindacali, e propone un nuovo ordine di priorità: modificare le regole dell’impresa, riorganizzare il sistema educativo (a misura di Industria 4.0), ripensare le strategie di investimento.

Ben venga dunque una proposta che solleciti i cittadini attivi, i lavoratori e i piccoli imprenditori a cambiare registro di fronte alla crisi, senza aspettare direttive del governo. E’ discutibile quanto si vuole, ma appropriata al quadro istituzionale che abbiamo davanti. Confidare solo nello Stato è invece pericoloso e lascia spazio a rischi di crescente scollamento sociale.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (2 Settembre 2020)

Leave a Reply