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09 Giugno 2020 ~ 0 Comments

Patrimonio culturale e turismo

La questione dei progetti cantierabili, nell’ambito dei finanziamenti europei Next Generation, è posta in modo molto chiaro dall’intervento di Baratta e dai successivi commenti di Corò sul futuro di Venezia. Venezia è un cantiere “paradigmatico” della ricostruzione nazionale. E’ in un vicolo cieco da molti anni e deve ricostruire la propria identità e il proprio sentiero di sviluppo.

Negli ultimi anni, sulla scia di un turismo globale prorompente e di un recuperato orgoglio nazionale, la valorizzazione del patrimonio storico e culturale è diventata una priorità condivisa apparentemente da tutti (la Grande Bellezza). E tuttavia tale priorità è sinistramente allineata con la pretesa della società signorile di massa (Ricolfi) di vivere di rendita, fuori dal modello produttivo che ci ha garantito il benessere fino a oggi.

E’ certamente vero che i cambiamenti avvenuti nella divisione internazionale del lavoro e l’emergere di competitori importanti in molti settori manifatturieri tradizionali (Cina e Tigri asiatiche soprattutto), oltre alla forza dell’Euro, spingono quote consistenti di operatori a spostarsi verso attività cosiddette “idiosincratiche” (beni e servizi che abbiano più valore se consumati all’interno di uno specifico territorio).

E’ vero che le giovani generazioni preferiscono investire su attività creative e terziarie (investimenti finanziari, esperienze memorabili nel turismo e nell’agriturismo, moda, design, prodotti di lusso), piuttosto che impegnarsi nell’area del lavoro manuale, dell’intelligenza tecnologica distribuita, del risanamento ambientale. E non a caso le Colline del Prosecco sono la punta di diamante dell’innovazione, nei distretti dell’area veneta, e non certo la Valle del Chiampo come sistema pilota nel mondo, per lo sviluppo dell’economia circolare.

Ciò nonostante è anche vero che il bread and butter della nostra economia resta il mix di attività specializzate, anche di nuova concezione come industria 4.0, che generano esportazioni, non le attività ricettive di bassa qualità o lo sfruttamento a scopo di rendita perpetua della Grande Bellezza.

Come ogni altro tipo di patrimonio, anche quello culturale e paesaggistico deve essere rinnovato. Senza progetti diventa solo un ammasso di rovine intoccabili e di vitigni cristallizzati nella forma proposta all’Unesco.

Il territorio, come integratore versatile, va coltivato e concimato con progetti moderni, finalizzati alla tutela e alla riscoperta di aspetti qualitativamente unici e irripetibili (nel capolavoro artigianale, cinematografico, architettonico o edilizio che sia). E questo deve avvenire in una chiave comprensibile al mondo che investe sulla Next Generation.

Al momento salvare Venezia non è una proposta concreta. E’ un appello che, non a caso, arriva dall’esterno.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Martedì 9 Giugno 2020)

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