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22 Maggio 2020 ~ 0 Comments

Muta prima il virus o la società?

Il Covid 19, se non muta in una sorta di peste nera o di Spagnola del 1920, si estinguerà come la SARS entro qualche mese. Tuttavia ha già avuto l’effetto di mutare la natura della nostra società. E’ presto per capire quali effetti saranno permanenti, e costringeranno a un adattamento, e quali invece saranno transitori.

A differenza di altre patologie, la malattia infettiva innesca un processo di “mutazione sociale”, perché incide sull’inconscio e sulle abitudini di molte persone. Una frattura o l’insorgere di un tumore costringono i singoli individui a cambiare stile di vita, più o meno temporaneamente. Ma l’influenza, l’alcolismo, la schiavitù da stupefacenti, l’attaccamento al lavoro, alimentano cambi di prospettiva e priorità che riguardano tutti.

I giapponesi, che sono tradizionalmente più attenti ai comportamenti sociali, hanno nel tempo cambiato il modo di stare in gruppo, introducendo l’inchino a distanza al posto della stretta di mano o della “pacca” sulla spalla, dopo una passata malattia. Hanno portato le procedure di igiene a livelli così estremi, che il pericolo di trovare sporca una toilette o ingerire cibo contaminato al ristorante è ridotta praticamente a zero. Ciò non impedisce agli stessi giapponesi di essere dipendenti dal gioco (il pachinko in particolare), dal fumo o di tollerare comportamenti ritenuti poco educati in occidente, come addormentarsi davanti a una persona, cui si è appena fatta una domanda. Come si vede i cambiamenti sono selettivi.

Gli italiani, che sono culturalmente affetti da familismo amorale e “mammismo” iperprotettivo, hanno invece combattuto il fumo con successo, e anche l’alcolismo, in alcune regioni, o il consumo di carne rossa. Chi fuma in pubblico, in Italia, oppure ostenta un consumo compulsivo di alcolici e altre droghe, oppure si ostina a pregustare una buona bistecca, rischia di essere messo all’indice, di trovarsi isolato dal contesto. Idem per chi si sieda al tavolo di un ristorante, in Veneto, e dichiari di essere astemio.

Insomma Covid 19 ha poco a che fare con la clinica e molto con i comportamenti sociali. Per questo deve essere oggetto di particolare attenzione, oltre gli scontri ideologici e le interpretazioni divergenti, tra i sociologi e gli economisti. Non è questione per virologi e specialisti in questioni sanitarie.

Non tornerà tutto come prima e dobbiamo capire dove il Covid tende a lasciare un segno permanente. Pensiamo alle riunioni, alla scuola, alle modalità di utilizzo dei mezzi pubblici. Cosa cambierà, non solo nella Fase 2, ma anche dopo dell’emergenza?

La discussione e il conflitto sociale sono già iniziati. Lo abbiamo visto con gli assembramenti giovanili nelle piazze o nel timore a muoversi delle persone anziane. E’ su questi elementi che dobbiamo ragionare, non sui vaccini o sulle terapie intensive.

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