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06 Aprile 2020 ~ 0 Comments

Il Covid 19 è un robot

MDA

Breve racconto in memoria di Isaac Asimov (nell’anniversario della sua scomparsa – 6 aprile 1992)

Il nuovo virus è un robot prodotto in laboratorio e introdotto nell’organismo come nanotecnologia. E’ costituito da cellule artificiali, di materiale biologico, nate mettendo assieme frammenti di DNA ricavati dai moderni sistemi di analisi dell’uomo e degli animali.

La costruzione del virus è stata realizzata accedendo al database di alcuni laboratori del mondo che si occupano di virologia e mutazioni genetiche, tra i quali anche il laboratorio di Wuhan. Solo il caso e il funzionamento fuzzy della rete ha fatto uscire il prodotto finale proprio da Wuhan. Forse l’abilità di uno dei tanti giocatori coinvolti nel game, a livello globale, ha penalizzato la Cina in modo consapevole. Ma l’ipotesi più probabile è quella del caso. Così come è casuale la struttura genetica del virus, che confonde anche i virologi più esperti.

Il sistema di selezione e montaggio dei pezzi di materiale biologico e chimico necessari a costruire il Coronavirus-robot è stato attivato attraverso uno dei tanti videogiochi oggi disponibili. Anche lo schema dell’attacco epidemico è guidato dall’azione congiunta di migliaia di giocatori che quotidianamente si collegano alla rete.

E’ dunque nei videogiochi la chiave di lettura dell’epidemia e la spiegazione di come corra l’infezione in giro per il mondo, con quale velocità nei diversi paesi e territori.

Stanotte ho guardato il cellulare, sul comodino vicino al letto (da mesi in mano agli hacker cinesi), per guardare l’ora. Era l’una e mezza. La scritta sullo schermo, in basso a sinistra, lampeggiava in modo chiaro: wifi??? (manca la connessione!).

Un attimo prima, stavo per morire. Due personaggi immaginari (da videogioco), tra i tanti che mi potevano attaccare, stavano avvicinandosi a me, come due zombie, con il sorriso di Joker stampato sulla faccia. Proprio in quel momento (ho dedotto poi) è saltata la connessione. Il telefono cellulare ha perso l’aggancio alla rete. E gli zombi non sono riusciti ad afferrarmi.

Tuttavia il mio cervello aveva ormai registrato i dati necessari a de-codificare il messaggio: il sogno-incubo era collegato e teleguidato in rete (il robot stava agendo sulle cellule cerebrali per eseguire compiti imposti dall’esterno, per via telematica). Solo la casuale caduta della rete ha impedito al sogno di concludersi con un evento chimico-biologico fatale.

Ho individuato il motore del game e posso spegnerlo!” ho pensato. E ho istintivamente ho chiuso la connessione in via definitiva. “Modalità aereo”, non si sa mai…

Ecco perché il virus, che è entrato nel mio organismo (e probabilmente in quello della mia famiglia, per via biologica, infettiva), non riesce a progredire! E’ perché dalle mie parti la rete non funziona!” mi sono detto più lucido e sveglio che mai. E’ come se l’intera massa cerebrale (memoria RAM e memorie periferiche) fosse stata attivata nei minuti precedenti e avesse elaborato dati già residenti con molti altri dati arrivati dall’esterno.

Il quadro complesso dell’epidemia mi è apparso immediatamente chiaro e mi ha spinto ad alzarmi e a trascrivere la storia che, con gran velocità, prende forma in questo scritto.

Nella rete sono presenti le informazioni che bisogna incrociare per capire come è fatto e in che direzione si muove il virus, come muta e quali organi decide di attaccare o come pensa di muoversi per sopravvivere alle reazioni delle diverse componenti umane e alle sezioni interne della società (Sapiens Sapiens).

Restano diversi problemi da risolvere: come hanno fatto gli hacker o le autorità cinesi a bloccare la circolazione del virus nella rete di Wuhan, senza impedire ai cittadini del Hubei di continuare a comunicare tra loro e giocare alle playstation? come è possibile che i telefonini continuino a comunicare tra loro quando sono spenti e cercano le celle? forse è per questo, per i vincoli di rete e i limiti posti allo scambio di dati in modalità aereo, che la Cina spinge sul 5G e sulla diffusione di reti che siano in grado di controllare una banda sufficiente per processare tanti dati nello stesso momento (e catturare i telefonini come accaduto a me nella zona di Pechino e Shijiazhuang)?

Avrò tempo per cercare una risposta. Quello che conta adesso è mettere nero su bianco la valutazione dinamica della storia che il mio cervello (eterodiretto) ha scaricato (downloaded), nel corso della notte.

Evidentemente i cinesi o qualcun altro hanno prodotto un vaccino “digitale”. Qualcuno lo ha trovato e lo ha introdotto, dalla parte dei giocatori che vogliono salvare il mondo (nei videogames attivi in questo momento). Mentre una parte dei concorrenti si batte per ammazzare quanti più soggetti deboli è possibile, un’altra parte si batte per costruire gli anticorpi e neutralizzare le strategie di attacco dei “cattivi”.

E’ una prima ipotesi. Ma ce n’è una seconda più inquietante…

L’attacco ai polmoni è quello più diffuso, oggi, perché corrisponde a un attacco facile da Livello 0 (soprattutto se la vittima prescelta è una persona anziana). Si espande in Lombardia e a New York perché questi due territori corrispondono perfettamente a quelli più facilmente praticabili dai concorrenti in videogioco (sono gli spazi nei quali è più difficile essere eliminati e individuati dagli avversari).

Nel gioco tuttavia, che è anch’esso mutante, il passaggio ai livelli successivi è reso possibile soltanto grazie all’attacco di soggetti più giovani e difficili da colpire (per esempio atleti (nel Livello 1) oppure attraverso l’attacco a organi diversi dai polmoni (che danno meno punti). Per arrivare al Livello 2, bisogna mettere in condizioni il virus (biologico, sul campo) di attaccare davvero e demolire le cellule del fegato o dei reni, oppure le valvole cardiache di persone sane…

Per questo il Coronavirus produce danni irreparabili in soggetti diversi o a organi diversi nello stesso paziente. Perché è in evoluzione, via videogioco. Ed evolve in modo inconsapevole e incontrollato, poiché dipende dal mix di variabili e di risultati prodotti da tanti videogiochi (con profili, personaggi e obiettivi diversi e anche lontani dalla guerra) collegati tra loro dal gruppo degli hacker che ha inventato l’algoritmo del “Coronavirus-Game” (C-Game) inconsapevolmente, forse durante un hackathon dedicato alla gestione dei big data in ambito biologico).

Colpire il premier Johnson è valso il passaggio al Livello 3 a un gruppo di concorrenti che si sono associati al C-Game. Dall’altra parte la difesa di Trump e Bolsonaro (come “cattivi” che riescono a far morire un numero più elevato di innocenti) è valsa il passaggio al Livello 4 a un gruppo di concorrenti coalizzati per attuare una strategia di attacco indiretta, tramite gli “umani cattivi” del mondo reale.

Il C-Game ha come obiettivo, nel Livello 10, la distruzione del mondo. Il problema è capire se i giocatori “buoni” (che si coalizzano contro i “cattivi”) stanno lavorando per disinnescare il gioco stesso (per come è stato progettato dai suoi ideatori, in parte inconsapevoli), oppure hanno solo una strategia “apparentemente buonista, di attesa”, finalizzata invece a far fuori gli avversari e a far scattare l’attacco decisivo al mondo, dopo aver costruito un sistema di bloccaggio delle vie d’uscita (degli avversari meno esperti) e dei pazienti. Stanno creando in gruppo di consenso “buonista” sufficientemente ampio da consentire loro di vincere a man bassa in un momento successivo.

Il C-Game è collegato alla realtà sociale, tecnologica e biologica del mondo all’insaputa dei video-giocatori. Non è facile produrre le mutazioni del virus che consentono a quest’ultimo di infettare organi diversi. Ci vuole tempo. Bisogna trovare (nel gioco combinatorio biologico) gli elementi chimici adatti allo scopo, che non sono tutti residenti nei soggetti umani (e non) raggiunti dal contagio e vanno “fabbricati” e introdotti in qualche modo nel corpo dei pazienti.

Poi ci sono le reazioni del mondo reale, dal lockdown allo sviluppo di anticorpi naturali, attraverso l’immunità di gregge, che costituiscono un ostacolo esterno ai video-gamers e ai dati disponibili in rete.

Poi c’è il problema delle connessioni. Al momento, buona parte del pianeta dispone di reti e sistemi di connessione discontinui, e le reazioni biologiche e chimiche hanno bisogno di continuità, per evolvere. Il mondo virtuale, reti tecnologiche 5G incluse, lavora in parallelo al “sistema naturale”, che seleziona gli organismi viventi (virus inclusi) a modo suo e dispone di innumerevoli strumenti per impedire lo sviluppo delle nuove combinazioni possibili scoperte dai video-gamers.

Insomma il Coronavirus è un sistema vivente ibrido, guidato dal sistema digitale (in parte), dai processi di ingegneria genetica prodotti dall’uomo (tramite l’applicazione dell’intelligenza artificiale ai dati del DNA sottratti ai laboratori di tutto il mondo e ai big data disponibili in rete) in parte, ma in larga misura anche dai processi naturali e biologici prodotti per proprio conto dalla Natura, che svolge una funzione di fattore “random” dentro al videogioco. E’ dunque un gioco molto complesso e aperto, in evoluzione.

La chiave per risolvere il problema del vaccino sta nei sistemi complessi e nelle narrative che guidano l’azione dei giocatori ingaggiati in rete, che a sua volta si sviluppa secondo schemi in parte logici e controllabili, e in parte “random”, condizionati dal mondo esterno (naturale).

Tutti gli elementi del mondo reale e del mondo digitale sono collegati e inseriti nel grande gioco interattivo (C-Game), basato sui principi dell’evoluzione.

A questo punto, alcuni errori di sistema (come il black-out di questa notte, nel punto critico del sogno – nella connessione tra gioco globale e intelligenza individuale) possono svelare indizi utili all’individuazione del problema e alla costruzione di possibili soluzioni.

E’ evidente la complessità dell’opera, ma anche la strada da percorrere per vincere la guerra:

  • in primo luogo il distanziamento sociale e la lotta alla componente biologica del Coronavirus, attraverso gli strumenti classici dell’igiene e della salute pubblica, oltre che alla produzione del vaccino reale (quello chimico)
  • in secondo luogo gli strumenti e le tecnologie ospedaliere più avanzate, che possono neutralizzare l’azione del virus nella fase clinica (nell’attacco ai diversi organismi e organi di persone sane)
  • in terzo luogo il “distanziamento digitale” e la lotta alla componente virtuale dell’epidemia, togliendo ai videogiocatori elementi/dati utili per passare ai livelli più elevati oppure aiutando i buoni a produrre il vaccino (quello digitale).

Il passaggio più importante è tuttavia quello “narrativo”. Il Coronavirus lascia tracce evidenti, nel cervello dei contagiati, delle logiche seguite dai video-gamers durante gli attacchi. La struttura narrativa degli incubi e dei sogni conserva traccia delle animazioni utilizzate per visualizzare gli schemi di attacco.

Nel mio sogno interrotto, ad esempio, i miei inseguitori sono stati colpiti da arpioni provenienti da un edificio controllato dai “buoni”, e risucchiati all’interno dello stesso, dai cavi di recupero. Poi i “cattivi”, in qualche modo, sono riusciti a liberarsi e a tornare verso di me… fino a quando la connessione si è interrotta.

Quali videogiochi contengono la strategia degli arpioni?

Ecco, memorizzare questi frammenti che vengono depositati nel cervello dal virus-robot circolante, sono frammenti utili a capire la logica dei videogiochi attivi nella rete e ad attivare reazioni difensive verso il C-Game.

La strategia di guerra al Coronavirus-robot è dunque quella utilizzata contro la mafia o contro Al Qaeda. Non è necessario cercare il mandante del gioco stesso, il “super-cattivo” che controlla tutto. E’ sbagliato pensare che al di sopra del sistema criminale ci sia un super-sistema di controllo. E’ invece necessario identificare i sottosistemi (i videogiochi messi in rete, nel nostro caso o gli esperimenti biologici in corso nei laboratori di ricerca sui vaccini) ed eliminarli o isolarli uno ad uno. Rompere insomma lo schema della rete.

Si può fare per via digitale, oltre che chimico-fisica e biologica.

Siamo nell’epoca della complessità, in un mondo composto di elementi naturali e artificiali, strutture chimico-fisiche “stabili” e cellule “viventi”. Tutti gli elementi sono mischiati tra loro da quando la fisica, l’ingegneria genetica e la nanotecnologia, non sono più praticate in laboratorio, ma negli ambienti virtuali della rete, attraverso rappresentazioni e costruzioni algoritmiche degli eventi chimici, biologici, chimico-fisici oggetto di studio. L’evoluzione si è spostata dai laboratori fisici con le provette, nel mondo virtuale della “rappresentazione digitale del mondo”.

E’ qui che si combatte, oggi, la battaglia decisiva!

Il puzzle è esteso a tutto il mondo, coinvolge l’intero genere umano e molte altre specie, ma viene guidato dalla narrazione, dalle storie che i partecipanti (Sapiens Sapiens solo per ora) si stanno raccontando. Capite quelle, trovato il vaccino!

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