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01 Marzo 2020 ~ 0 Comments

Rischi concreti di recessione

Il venerdì nero, l’ultimo del mese di febbraio di questo anno bisesto, annuncia l’inizio di una fase convulsa, recessiva, a livello mondiale, che potrebbe replicare, per l’Italia, le condizioni del 2008.

Innanzitutto vediamo il quadro globale. La frenata è stata improvvisa e generale, perché provocata da fattori esogeni alle politiche degli stati. Nonostante le tensioni protezionistiche indotte dalla nuova politica di Trump e il rallentamento generale delle economie emergenti (BRICs), si è mantenuta finora una qualche sfasatura nei cicli economici delle grandi economie, che ha impedito il crollo simultaneo della domanda.

Gli USA, ad esempio, sono rimasti, finora, in fase di espansione, così come la Cina, sia pure a ritmi più contenuti del passato. E questo genere di sfasature ha finora compensato, almeno in parte, la caduta di attività in Europa.

La cascata di conseguenze negative indotta dal corona virus, sta oggi allineando le congiunture di tutte le economie, proprio come nel 2008. Non è la finanza, in questo caso, ma produce il medesimo effetto negativo della sincronizzazione dei cicli. In una fase in cui gli strumenti a disposizione delle organizzazioni internazionali (come il FMI) e delle banche centrali sono spuntati più che nel 2008. Qualcosa è migliorato dall’ultima crisi, ma le ricorrenti iniziative di sostegno monetario (come il QE europeo) stanno già esaurendo i loro effetti e non ci sono altri strumenti per garantire la ripresa, come nel 2010.

Pensiamo a quanto sta accadendo nelle borse mondiali, al prezzo delle materie prime che cade, come quello del petrolio e perfino dell’oro. In questo contesto la spinta al disinvestimento è irresistibile e non sappiamo come si fermerà.

Le similitudini con il 2008, tuttavia, si fermano qui. I problemi che dobbiamo affrontare nei prossimi mesi sono del tutto nuovi.

La crisi di oggi si innesta, infatti, sui pesanti processi di aggiustamento dell’economia reale e dei consumi. La crisi europea, che riguarda non a caso Germania e Italia, deriva dell’esaurirsi del modello export led privilegiato finora. Non ci sono solo le questioni congiunturali (guerra dei dazi e la pandemia), ma anche cambiamenti nelle filiere globali e nelle modalità di consumo, che riducono gli investimenti in Europa e in Italia in particolare. L’industria dell’auto sta affrontando un cambiamento radicale, con il passaggio a mezzi a trazione elettrica e ibrida. Le reti ITC stanno entrando in tensione, con il passaggio dalle piattaforma USA (Google, Apple, Microsoft) a quelle cinesi (Huawei). Problemi strutturali sono presenti nel settore moda, nel turismo e nella logistica.

E’ quindi il momento di affrontare seriamente la questione economica, al di là dell’emergenza, con un dispositivo di interazione tra Stato e regioni che sia all’altezza.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Domenica 1 Marzo 2020)

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