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23 Ottobre 2019 ~ 0 Comments

Partite IVA – Un popolo senza rappresentanza

Conoscere per deliberare, diceva Einaudi. Il popolo delle Partite IVA è cresciuto nel tempo, per ragioni legate alla particolare configurazione del nostro sistema produttivo, ma i nostri governanti non lo conoscono.

La competitività del sistema paese dipende, nei settori esportatori (manifattura e turismo), da un modello basato sul just in time, sulla fornitura di servizi prevalentemente B2B a catene del valore globale. Questa componente del nostro sistema si è finora riprodotta grazie alla dinamica degli spin-off (vale a dire la gemmazione di nuove imprese da parte di collaboratori e dipendenti di aziende scuola/incubatore).

Negli anni ’80, in un mercato internazionale particolarmente dinamico (Second Industrial Divide) gli spin-off dalle grandi imprese fordiste hanno dato origine a una vasta gamma di aziende piccole e medie, terziste, specializzate su specifici prodotti o servizi su misura. Negli anni ’90, e i primi due decenni di questo secolo, gli spin-off dalle aziende piccole e medie sono continuati, dando origine a un pulviscolo di imprese individuali e professionisti free-lance, che oggi costituiscono la componente più prospera delle Partite IVA.

Questa componente è funzionale al modello di sviluppo export-led ed è in larga misura capace di sopportare la montagna di emendamenti fiscali e amministrativi che l’apparato burocratico (islamico/italiota), culturalmente ed esistenzialmente contrario al lavoro autonomo, produce con incessante determinazione ogni anno (indipendentemente dagli indirizzi di governo e dalle dichiarazioni del leader politico del momento).

Il popolo delle Partite IVA è tuttavia composto anche da una seconda componente molto meno dinamica e funzionale allo sviluppo dell’economia nazionale. E’ l’esercito dei liberi-professionisti che operano nelle industrie un tempo regolamentate per legge (ordini professionali, università e centri di formazione, agenzie di comunicazione). In un mercato sempre più liberalizzato, questi professionisti continuano a offrire servizi (cosiddetti) a elevata intensità di conoscenza. Ma sono tanti, dotati di conoscenze piuttosto scarse (prodotte da un sistema dell’istruzione e della formazione accademica poco dinamica anch’essa) e in brutale concorrenza tra loro.

Si pensi ad esempio agli avvocati, ai commercialisti, ai consulenti. Sono professionisti che campano nelle pieghe di un sistema amministrativo inefficiente e dispongono di una capacità produttiva che eccede di molto la domanda effettiva. Così, nelle regioni del Sud e in molti settori anche innovativi, il reddito medio annuo delle partite IVA è la metà di quello tipico in altri settori, esportatori.

Togliere la flat tax a questo esercito in transizione può avere l’effetto di una frustata vitale, ma non risolve né il problema dell’uguaglianza fiscale, né quello dello sviluppo.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Mercoledì 23 Ottobre 2019)

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