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18 Ottobre 2019 ~ 0 Comments

Manovra 2019. Una ridda di provvedimenti senza sviluppo

Il dibattito sulla manovra si chiude in un clima di grande confusione. La ridda di provvedimenti approvati, gli arzigogoli applicativi, il peso irrisorio e probabilistico di alcune voci di spesa e di entrata, rendono oggettivamente difficile valutare l’impatto effettivo della legge di bilancio.

Nei prossimi mesi il governo dirà in quale direzione vuole portare il paese, ma per il momento si limita a una manovra incerta e provvisoria, coerente con la linea di rassicurare il popolo, oltre ai mercati internazionali. Molto fumo e poco arrosto. E presto si tornerà a votare e il gioco dell’oca ricomincerà daccapo. Il provvisorio sarà sostituito da altro provvisorio.

I commentatori non sanno più che cosa dire. Allungano il brodo con frasi di circostanza: non ci sono più le mezze stagioni, non c’è futuro per i giovani, forse l’INPS troverà le risorse… Ma questo alimenta solo il senso di frustrazione degli italiani.

Due questioni appaiono sicure, invece, per la natura stessa dei provvedimenti adottati.

In primo luogo il carico di burocrazia e adempimenti amministrativi. La montagna di moduli e carte bollate che paralizza il paese, riduce la produttività, e spinge chi può (ragazzi, pensionati, famiglie comuni) ad andarsene, si alzerà di qualche metro. La manovra, su questo fronte, non dà alcun segnale di tregua. Ancora non abbiamo imparato a decifrare l’ISEE, l’ISA, la vecchia IMU, la domanda di pensione e il rimborso per gli azionisti truffati, che già arriva una nuova ondata di moduli da compilare. Con l’aggravante, questa sì, di un maggior carico di responsabilità a danno del compilatore.

Si poteva fare di meglio? Con i dirigenti politici che abbiamo eletto e i burocrati che ci troviamo in eredità, sicuramente no. Non poteva che finire così.

Forse, sarebbe bastato un semplice emendamento alla costituzione: “Lo Stato non può chiedere al contribuente informazioni e dati che sono già in suo possesso” e la responsabilità della lotta all’evasione e alla crescita del debito pubblico sarebbe tornata a essere problema interno alla burocrazia e alla Guardia di Finanza. Ma un simile emendamento non c’è e non lo vedremo mai, né in questa né nella prossima legislatura o Repubblica.

In secondo luogo la manovra conferma che lo sviluppo non è tra gli obiettivi. Si rinnova il patto scellerato, tra forze politiche e corpo elettorale, che punta a rinviare, sine die, ogni intervento serio sulla produzione, sull’organizzazione dell’industria, sull’integrazione dei giovani nel sistema produttivo, sulla definizione di linee concrete per l’investimento.

Altro che Repubblica fondata sul lavoro! Il governo si occupa di tutto, tranne che di prodotto lordo. Su questo punto sì che un emendamento costituzionale sarebbe urgente. Chi traccia la rotta del paese nei mari tempestosi dell’economia globale?

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Venerdì 18 Ottobre 2019)

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