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18 Ottobre 2019 ~ 0 Comments

Elogio del Petrolio

MDA

Introduzione alla lectio magistralis di Massimo Nicolazzi (Professore di Economia delle Risorse Energetiche all’Università di Torino) all’edizione 2019 di Profumo di Carta – Isola Vicentina – Sabato 19 Ottobre 2019

Schiavi equivalenti e transizione (un paio di concetti utili)

Dobbiamo ringraziare Massimo Nicolazzi per il suo ultimo libro (Elogio del Petrolio, Feltrinelli, 2019) e per aver recuperato non pochi concetti utili a riflettere sul nostro futuro. Due tra gli altri: schiavi equivalenti e transizione.

Pensiamo all’evoluzione della nostra specie (dice Nicolazzi) in ragione dell’energia necessaria alla sua sopravvivenza.

All’età della pietra potevamo sopravvivere con la forza delle nostre braccia, in piccole comunità di raccoglitori/cacciatori. Eravamo una società organizzata, ma sostanzialmente egualitaria.

Poi siamo evoluti verso forme organizzative più complesse (città, stati), dividendoci in classi di cittadini e schiavi. Abbiamo sottomesso individui di altre specie (cavalli e buoi ad esempio) per estrarre cibo ed energia dai campi. La ricchezza, l’abbiamo calcolata come disponibilità di “schiavi” e “schiavi equivalenti” (macchine).

A un certo punto abbiamo scoperto un nuovo tipo energia: quella erogata dal legno e dai carburanti fossili. Abbiamo imparato a convertire vento e acqua in lavoro, grazie alle macchine. E con l’industrializzazione siamo stati perfino in grado di concedere libertà agli schiavi. Ci siamo moltiplicati, per la disponibilità di risorse alimentari, acqua dolce, ma soprattutto biada inorganica per gli “schiavi equivalenti”.

Oggi elogiamo il petrolio, perché senza il petrolio la diffusione della ricchezza e del benessere non sarebbe stata possibile. E forse anche la democrazia.

Abbiamo creato una società complessa, siamo diventati Sapiens “affluenti”, addomesticando il mondo a nostro favore (qualcuno parla di Antropocene) e imparando ad attutire i conflitti sociali con la redistribuzione.

Oggi, una signora Gina qualsiasi, che porta il figlio a scuola in SUV, ha a sua disposizione più o meno 150 cavalli equivalenti, solo per trasporto, e 40 schiavi per il bucato, il ferro da stiro e il condizionare d’aria. Una palestra intera a pedalare tutto il giorno, solo per darle l’energia minima vitale.

Il problema è che la biada di questi schiavi inanimati rovina l’atmosfera. Dobbiamo dunque cercare fonti alternative, più fredde e meno inquinanti. La transizione dal petrolio al sole è possibile, ma richiede investimenti colossali e alcune conoscenze che ancora non abbiamo. Tornare indietro alla forza delle braccia/gambe è socialmente insostenibile. Possiamo farcela, prima che sia troppo tardi, ma dobbiamo trovare un accordo tra i 7 o 9 miliardi che siamo.

Qui nasce un problema inedito, nell’evoluzione dei Sapiens.

Nell’era del petrolio e delle risorse abbondanti, l’organizzazione della società e dell’economia si è ispirata a principi di competizione. La gara tra nazioni ha stimolato l’innovazione e diffuso l’impiego di “schiavi equivalenti”, sempre più performanti e anche energeticamente efficienti, a tutte le latitudini, con benefici concreti su buona parte della specie.

Oggi però il sistema sociale non è più in grado di assicurare, in tempo utile, la transizione a una forma più evoluta di energia e di organizzazione, compatibile con l’ambiente e socialmente sostenibile.

Che fare?

Nicolazzi ragiona sulle alternative. Quelle tecniche (come passare all’auto elettrica, senza controindicazioni negative), quelle sociali (come distribuire compiti e costi della transizione tra i diversi ceti, gruppi sociali, generazioni) e quelle politiche (chi decide, a quale livello – nazionale, internazionale, sovranazionale).

Non chiude la discussione con una visione catastrofica. Arriva piuttosto a sostenere che non ci estingueremo e che sapremo costruire (per mutazioni e adattamenti successivi) anche la nuova fase.

Tuttavia solleva il tema delle proporzioni, della fatica che dobbiamo affrontare, nel rispetto dei principi di con-senso, eguaglianza e democrazia.

Lo sviluppo sostenibile (sostiene Nicolazzi) è l’esatto contrario di quanto abbiamo praticato per 100 mila anni. Cambiare è possibile, ma richiede un lavoro sodo, più di quanto pensiamo, molta energia e, forse, ancora un po’ di petrolio (usato bene).

Quello che manca è intelligenza politica e sociale.

Dobbiamo allora, prima di tutto, farci un’idea precisa di cosa significhi transizione, in questa fase cruciale per la nostra specie, e rinunciare alla convinzione che basti un Green New Deal da un paio di miliardi e un po’ di pazienza (qualche domenica a piedi e meno auto diesel) per risolvere un problema.

La transizione, questa transizione, richiede un’architettura sociale e politica molto più complessa di quella che abbiamo conosciuto nell’era del petrolio.

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