Home » Prima pagina » La vera discontinuità

03 Settembre 2019 ~ 0 Comments

La vera discontinuità

Ci sarà discontinuità tra Conte 1.0 e Conte 2.0? Dal negoziato in corso non emergono certezze. Anzi. Le aspettative sono elevate e i protagonisti non sembrano essere all’altezza.

Da una parte filosofi come Cacciari auspicano un cambio di prospettiva culturale, sia attraverso l’introduzione di ministri competenti, sia attraverso il rovesciamento dei valori dominanti nel Conte 1.0 (prima noi, prima i diritti delle attuali generazioni e chissenefrega di quelle future, i veri nemici del popolo italiano sono in Europa, prima ancora che in Africa).

Dall’altra parte commentatori economici come De Bortoli e Cottarelli auspicano un’inversione di tendenza sui numeri, un governo che sia in grado di controllare debito e deficit, meglio del Conte 1.0. Sperano in un equilibrio di bilancio, non per caso, perché i provvedimenti adottati non vanno a buon fine (vedi Reddito di Cittadinanza), ma per scelte convinte, di valore. Questi osservatori insistono sulla necessità di un Conte 2.0, che superi la cultura rivendicativa dei nonni contro i nipoti.

“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani…” (frase attribuita a Massimo D’Azeglio, che rimane tremendamente attuale, nonostante le sue ambiguità)

Entrambe queste aspettative rimarranno deluse, non solo per il carattere dei protagonisti, ma per la semplice ragione che il popolo elettore, educato per decenni alla rivendicazione di diritti (nei confronti di uno Stato concepito come parte terza, nelle mani di poteri forti), non è disponibile a sostenere governi che investano sui doveri, sulla responsabilità e, se necessario, sui sacrifici.

L’eventuale ritiro di provvedimenti di spesa in deficit (quelli che non servono né alla crescita del PIL, né all’aumento di efficienza del sistema), incontrerebbe una strenua opposizione, non solo della maggioranza popolare che sostiene l’opposizione populista, ma anche di della minoranza, popolare, che oggi si spende per un accordo 5Stelle-PD. Entrambe queste componenti sono state abituate, fin dai tempi della Prima Repubblica, a rivendicare sempre nuove conquiste (nel centro-sinistra grazie alle forze sindacali) e a contestare le regole base dell’economia (nei 5Stelle e nella destra salviniano-meloniana grazie alla piazza). Rifiutano l’idea stessa di una élite e un’amministrazione competente. Hanno bisogno di rappresentanti “politici” proni alle loro volontà.

Questi accrocchi di irresponsabili (popolo e élite compiacenti), che sono al cuore del patto nazionale, hanno evitato finora riforme importanti, nel sistema pensionistico, nelle regioni e nelle autonomie locali, hanno ritardato la privatizzazione/chiusura delle aziende decotte, hanno impedito la riorganizzazione del sistema di servizi pubblici e bancari.

Ma vi sembra che vogliano adesso una discontinuità radicale? Neanche per sogno! Sono in attesa di un governo in linea con le proprie rivendicazioni e si rifiutano, complice l’élite da loro eletta, di misurarsi davvero con il proprio “stato”.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Martedì 3 Settembre 2019)

Leave a Reply