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06 Agosto 2019 ~ 0 Comments

Il ruolo dei navigator

Uno zoppo e un cieco possono mettere assieme le proprie speranze, ma non fanno molta strada assieme. Con tutto il rispetto dovuto agli zoppi e ai ciechi, chiamati in causa in questo editoriale soltanto in via metaforica, perché protagonisti di strutture narrative, quadri artistici e icone radicate nella cultura popolare italiana. Una cultura fatta di chiaroscuri, che viene chiamata in causa, da qualche tempo, come fonte di suggerimenti positivi, per il governo del buon senso.

Come è possibile che un disoccupato abbia la capacità di dare indicazioni ad altri disoccupati, sulla migliore strategia di ricerca di un impiego o di un percorso formativo in grado di costruire competenze utili per il mercato del lavoro?

Solo un governo di disoccupati, che non hanno mai avuto il problema di mettere insieme un pacchetto di competenze, conoscenze teoriche ed esperienze pratiche indispensabili per lavorare, per realizzare “capolavori” (vale a dire prodotti e servizi “a regola d’arte”), può immaginare un provvedimento del genere.

Sta di fatto che il popolo italiano ha dato loro fiducia e continua a consegnare loro la responsabilità di risolvere in modo strutturale i problemi dello sviluppo, della creazione di nuova occupazione, di riduzione delle differenze regionali, di conciliazione delle tante spaccature che caratterizzano il mercato del lavoro in Italia, quella di genere in particolare.

Un mercato del lavoro che vede condizioni sociali e contrattuali molto diverse, per la stessa funzione produttiva. Per lo stesso impegno di tempo e di intelligenza, da parte di cittadini diversi per età, condizione sociale e appartenenza territoriale.

I problemi del nostro paese sono noti da tempo: a) ineguaglianza contrattuale e previdenziale; b) mancato riconoscimento del merito; c) inadeguatezza dei percorsi di istruzione e formazione professionale; d) scarsa considerazione del valore prodotto dai percorsi scolastici; e) bassa produttività delle risorse e bassi salari; f) crescente divergenza tra competenze professionali prodotte dal sistema formativo e competenze richieste dalle imprese, indispensabili per reggere la competizione internazionale nei settori strategici della manifattura o nel turismo; g) rigidità e arretratezza del sistema pubblico, che non riesce a valorizzare, a mobilitare competenze all’altezza delle grandi riforme di cui la PPAA ha bisogno.

Di fronte a questi problemi, l’inconsistenza dei “navigator” è sconcertante (anche se tra di loro magari qualche esperto esiste veramente). Gli stessi autori del provvedimento non si rendono conto dell’inconsistenza della propria proposta, e delle difficoltà concrete che i nuovi impiegati statali dovranno affrontare. Da soli. Poiché è impensabile che sopra di loro ci siano dirigenti in grado di impartire indirizzi operativi.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Martedì 6 Agosto 2019)

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