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02 Giugno 2019 ~ 0 Comments

Calenda e il Nordest

I risultati della consultazione elettorale, incrociati con i problemi economici del paese, potrebbero agevolare la nascita di un laboratorio interessante a Nordest. Condizione, sine qua non, è che i leader e i governatori delle regioni che appartengono a questa circoscrizione/regione elettorale, europea, si parlino.

Vado dritto al sodo del mio ragionamento.

Il paese è allo stremo, nel senso che non riesce a imboccare una via d’uscita dalle proprie ingessature e soprattutto a innescare un percorso di crescita capace di coprire il debito arretrato senza lacrime e sangue, aumentando lavoro e valore aggiunto.

L’unico modello in grado di favorire questa strada è quello dei distretti e delle comunità locali produttive, che sono l’anima del Nordest, dall’Emilia-Romagna alla Venezia Giulia. Questo modello non ha una rappresentanza politica unitaria. Ed è un modello che non funziona “in deficit” e con lo spread alto.

Grazie all’affermazione, proprio a Nordest, di un candidato anomalo nello schieramento di “sinistra”, vale a dire Carlo Calenda, si potrebbe tentare di aprire una strada nuova. Calenda parla la lingua degli imprenditori, conosce i vincoli di bilancio e i problemi di sviluppo delle imprese. E’ un leader nazionale, anche se non conosce bene la forza dei distretti e le ragioni per cui l’autonomia (sia pure differenziata) sia un tema così importante nell’Emilia rossa, come nel Veneto bianco/verde o nel Trentino e nel Friuli autonomisti. Può tuttavia imparare presto e svolgere una funzione ponte tra componenti diverse del territorio che lo ha eletto.

Non è un caso che la Terza Italia, il Nordest, sia tenuto insieme da una circoscrizione elettorale europea, in un’Europa che dovrebbe essere in futuro più attenta alle identità regionali. E’ la sede di un modello di società e di economia di successo, che traina un paese condannato alla produzione industriale, al turismo e all’export, alla stessa stregua delle aree metropolitane più avanzate.

Non c’è dubbio, basta guardare il valore dell’export pro-capite, che solo Milano, e in parte Torino e Firenze, raggiunga livelli analoghi a quelli del Nordest e sia in grado di trainare il paese oltre la crisi, fuori dalle secche di una contrapposizione Nord-Sud che non ha più senso storico.

Onestamente la Lega nazionale di Salvini non lo può fare. Non ha oggi un modello sensato da proporre. Così come Renzi, sta perdendo aderenza con l’asfalto, perché investe troppo su Roma o si perde dietro ipotesi ideologiche e rischiose come la flat tax.

I leader del Nordest possono invece rompere gli schemi e ragionare di un percorso innovativo, a partire dall’autonomia e da un’idea federalista concreta per l’Italia e per l’Europa. Calenda, se vuole, può accendere la miccia. Altri potrebbero dargli il coraggio di partire.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Domenica 2 Giugno 2019)

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