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17 Maggio 2019 ~ 0 Comments

Spread

Lo spread torna a salire improvvisamente in vista della campagna elettorale. E’ già successo durante la fase di costituzione del governo e poi durante la discussione sulla finanziaria. I mercati scommettono contro l’Italia e si sono portati a casa uno spread di 250 punti nel 2018, senza tirare troppo la corda, e tornano alla carica per arrivare a 300 nel 2019.

Gli economisti seri (Giavazzi, Alesina, Cottarelli) si sbracciano a spiegare che una dinamica di questo tipo non ha senso, mentre le agenzie di rating buttano acqua sul fuoco, tenendo fermo l’outlook negativo, ma evitando di portare i titoli italiani in zona spazzatura.

Tuttavia il mondo non è fatto solo di economisti seri, di stimate agenzie e istituzioni finanziarie. Il mondo è fatto anche di operatori indipendenti (milioni!) che cercano di guadagnare qualcosa nelle situazioni di in-certezza. E vanno a scommettere dove è possibile vincere a colpo sicuro, dove possono pre-vedere le azioni e contro-reazioni dei soggetti guida.

Nella campagna elettorale italiana non c’è alcuna discussione seria, sull’economia o sull’Europa. I conti sono saldamente (si fa per dire) nelle mani di Tria e i dati sulla congiuntura appaiono rassicuranti: non c’è un tracollo immediato all’orizzonte sul quale scommettere in modo strutturale.

E’ invece ri-comparso il buco nero dell’incertezza, che il Gatto e la Volpe della storia, non vedono l’ora di allargare, proprio perché sono in campagna elettorale. La Volpe Di Maio gioca a fare il moderato, mentre il Gatto Salvini punta a fare il guastafeste. Il gioco è fin troppo scoperto. Non c’è alea, non c’è speculazione a rischio, c’è anzi la certezza delle azioni, delle contro-reazioni e delle dichiarazioni. I piccoli operatori si buttano a pesce. In questa situazione lo spread è più sicuro dei titoli di Stato!

Bastano due battute di Salvini (o di Forchielli, che gioca a fare l’influencer delle imprese) è lo spread si impenna. Suona la campana dell’ultimo giro e la carica dei peones dello spread si scatena. E forse, dietro le quinte, si muove qualche insider bene informato, per recuperare i fondi persi chissà dove.

Il problema è che, quando la politica e l’economia cessano di essere una cosa seria, la tentazione di buttare tutto “in vacca” si diffonde a macchia d’olio e la tempesta si addensa sui mercati.

A pagare, come sappiamo, sarà Pinocchio. Anche perché questa volta c’è il rischio concreto che nessuno creda più al governo, che nessuno creda più all’Italia, e la speculazione di breve si accoppi in modo negativo, contro la volontà dei poteri forti, con la speculazione a lungo e con i giudizi strutturali.

A quel punto potrebbero tornare in pista i pezzi da 90, come Soros, perché non scommettere contro l’Italia sarebbe un problema di reputazione personale.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Venerdì 17 Maggio 2019)

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