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14 Maggio 2019 ~ 0 Comments

La nuova casta del popolo contro l’elite

La proposta di legge sul conflitto di interessi, avanzata da Luigi Di Maio negli ultimi giorni, è il logico suggello del contratto di governo populista. Dov’è la novità?

La proposta prevede la separazione netta tra due carriere: quella “lavorativa” (imprenditori, giornalisti, accademici, insegnanti, funzionari pubblici) e quella “politica” (rappresentanti del popolo, se possibile analfabeti e senza una vera professione).

Nella logica populista i primi devono essere asserviti ai secondi, nel senso che i rappresentanti del popolo decidono i valori della società, selezionano i temi da mettere all’ordine del giorno, promuovono la classe dirigente ai vertici delle istituzioni (in futuro, se possibile, anche nelle autority indipendenti, nella Banca d’Italia, nell’ISTAT e nell’INPS) e danno ordini a tutti gli altri. Il cui compito, secondo la legge, sarà esaudire i desideri del popolo.

E’ per questa ragione che il “funzionario pubblico” Tria (infiltrato nel governo del popolo per la pervicace ostinazione del capo dell’élite nazionale usurpatrice, vale a dire Mattarella) deve non solo eseguire già ora gli ordini dei tribuni del popolo, vice-presidenti del consiglio, ma anche truccare i conti, se necessario, per esaudire i desideri del popolo (come noto non particolarmente ferrato in matematica e nel pagamento delle imposte).

La novità consiste nel fatto che le carriere sociali e politiche prospettate dalla nuova legge sono separate “a vita”.

Chi decide di entrare nel mondo del lavoro o di esercitare una professione o di entrare a far parte della burocrazia statale, non può candidarsi in politica e non può esprimere pubblicamente le proprie opinioni. La legge condannerà i giornalisti televisivi come Fazio, i cardinali come Krajewski, che pagano le bollette degli occupanti abusivi di case, i leader delle ONG che aiutano degli immigrati clandestini, gli operatori sindacali che aiutano i “negri” nei campi degli stati del sud. Non potranno esprimere opinioni i grandi imprenditori e i dirigenti delle aziende pubbliche statali e, presumibilmente, regionali e provinciali.

Chi invece sceglie di non lavorare ed entra a far parte di un partito fin da piccolo, come i giovani aspiranti imam delle regioni islamiche, può esercitare tutti i poteri di rappresentanza del popolo e di indirizzo delle istituzioni. Solo rappresentanti del popolo “puri”, in quanto esenti da conflitti di interesse (escluso quello di rimanere attaccati alla poltrona in Parlamento), può partecipare a pieno titolo alla funzione politica.

Il ghetto per l’élite, il recinto nel quale rinchiudere i nemici del popolo, è servito. In piena sintonia con il vento del cambiamento emerso dalle urne del 4 marzo 2018, la nuova élite a rovescio, la nuova casta, detta le sue regole.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Martedì 14 Maggio 2019)

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