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30 Aprile 2019 ~ 0 Comments

Confindustria Centro Veneto

En attendant Godot i ceti produttivi del Veneto cercano di proporre qualcosa di concreto, a partire dalla propria autonomia di investimento.

In assenza di un programma riformatore per l’amministrazione regionale e di un serio patto per l’occupazione, la produttività e lo sviluppo, costantemente posticipato in attesa dell’autonomia, la Confindustria di Padova, Treviso e Venezia-Rovigo prova a disegnare un nuovo orizzonte strategico, attivando un processo di integrazione e fusione sovra-provinciale.

Obiettivo neanche tanto nascosto è non tanto diventare la più importante associazione imprenditoriale d’Italia, per numero di iscritti, quanto soprattutto costruire un centro veneto di riflessione, che dia allo spazio metropolitano regionale la visione e di riconoscimento che merita.

Non è, intendiamoci, un siluro a Zaia e alla sua logica democristiana di gestione del continente regionale. E’ un tentativo di superare i ghetti provinciali che poco hanno a che fare con le esigenze di organizzazione di un territorio produttivo di classe mondiale.

Mancano all’appello Verona, sempre più trattenuta dal magnete lombardo e dall’asse emiliano-trentino, e soprattutto Vicenza, sempre più isolata e marginale dal punto di vista strategico-politico.

L’alleanza tra Padova, Treviso e Venezia-Rovigo è significativa invece perché tenta di superare l’angusto orizzonte delle amministrazioni comunali e provinciali, che costituiscono oggi il principale ostacolo a quell’autonomia nei fatti che può garantire un futuro al Veneto metropolitano, al di là delle chiacchiere sull’autonomia a 6, 10 o 23 dimensioni.

Alla grande popolarità di Zaia e alle consuete affermazioni di primato del sistema veneto in Italia e nel mondo è giusto che le categorie economiche, così come hanno fatto alcuni rappresentanti dell’élite intellettuale (ad esempio il compianto Cesare De Michelis), contrappongano una visione strategica, davvero indipendente, e una proposta di superamento dello status quo.

Il problema è che questa visione deve essere condivisa con tutti i cittadini, a partire dagli iscritti delle forze sindacali. Un anno fa Confindustria Nazionale, CGIL, Cisl  e UIL hanno sottoscritto un “patto per la fabbrica” che è rimasto lettera morta, proprio perché nessuno dei firmatari ha saputo esprimere una visione e obiettivi chiari e ambiziosi, per la competitività e la produttività del sistema.

Questo è evitabile nel Veneto, sempre che i rappresentanti del nuovo patto regionale abbiano il coraggio di parlar chiaro su tre temi discriminanti per la solidità dell’intesa: via le province, risarcimento delle banche solo ai truffati, basta con l’evasione fiscale e la migrazione dei capitali, che sono un tradimento del contributo che i lavoratori danno alla produttività e alla redditività del sistema.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Martedì 30 Aprile 2019)

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