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11 Dicembre 2018 ~ 0 Comments

La constituency di Salvini

I conflitti e le mediazioni, tra il leader della Lega, Matteo Salvini, e le diverse componenti della società italiana, i suoi repentini cambiamenti di fronte, gli sgambetti e i colpi di spillo a Conte e Di Maio, l’uso improprio dell’incarico istituzionale, nascono tutti da una concezione integralista della politica.

Quando il vice-premier si scaglia contro la Chiesa Cattolica per il suo atteggiamento “buonista” nei confronti degli immigrati, usa un epiteto, una fatwa, che suona più o meno così: “I vescovi, i giovani attivisti delle ONG, fanno politica”. Il medesimo epiteto vale per i tecnici delle istituzioni che si permettono di discutere le sue proposte (Tria, i dirigenti del Ministero dell’Economia, Boeri). Idem per i rappresentanti delle associazioni d’impresa.

Da dove nasce questo peculiare e spregiudicato modo di amministrare la leadership?  L’unica risposta plausibile è la matrice integralista della visione politica.

I tratti caratteristici di questa matrice sono facilmente rintracciabili in molti leader dei paesi orientali (Erdogan in Turchia, Al Sisi in Egitto, Rouhani in Iran), in Donald Trump e Vladimir Putin. L’inclinazione a considerare eretici gli oppositori, perché non eletti, il continuo richiamo alla fonte divina del potere acquisito, l’ossessiva tendenza a voler essere sempre il mediatore di ultima istanza. Tutti elementi propri una cultura politica lontana dall’eredità occidentale, post-rivoluzione francese.

Se questa riflessione è plausibile ne derivano due riflessioni incalzanti.

Qual è la constituency (come si usa dire in linguaggio forbito, per identificare la base elettorale) di Salvini? Quanto può durare in Italia una leadership politica integralista?

Alla prima domanda si potrebbe rispondere come segue: Salvini sta cercando di costruire un patto federativo nuovo, con il popolo levantino. Il popolo che apprezza i capi che amministrano discrezionalmente il potere, garanti di un ordine che non sta nelle cose, nelle istituzioni. Per questo è sceso a Roma. Per lanciare un’OPA sul Mezzogiorno. Per persuadere gli imprenditori. Per farsi dare un mandato a discutere con l’UE. E sembra avere successo.

Quanto può crescere la nuova constituency e quanto può durare nel tempo?

Dipende. Dipende dalla tradizione democratica del paese, dalla solidità delle istituzioni, dalla capacità degli altri poteri forti (giornali, associazioni, agenzie indipendenti, Commissione UE) di tenere il punto sul merito, dalla pazienza dei 5Stelle, che hanno comunque la maggioranza in Parlamento. Salvini comanda, nello stato di eccezione presente, per mancanza di avversari politici. Ma prima o dopo, con il capitalismo finanziario, con la società e la cultura europea, i conti li dovrà fare. Lui e i milioni di levantini che oggi sostengono la sua leadership.

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Martedì 11 Dicembre 2018)

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