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22 Novembre 2018 ~ 0 Comments

Se manca la fiducia…

C’è un crinale oltre il quale, nonostante il portafoglio pieno di ordini e la buona reputazione produttiva, alcune aziende falliscono, per mancanza di liquidità. Quel crinale si chiama “fiducia”. E’ la fiducia, il credito nella possibilità di combinare competenza tecnica e normale operatività finanziaria, che salva le aziende dal collasso. Quando viene meno la fiducia però, e il rubinetto del credito si chiude, tutti i fattori di forza di quell’azienda contano meno di nulla. Non bisognerebbe mai superare quel crinale, spesso solo virtuale e psicologico.

Capita tuttavia che quel limite vanga superato, altrettanto raramente di quanto accada per le buone aziende, nel caso di sistemi paese.

L’Argentina, in svariate occasioni, pur avendo i fondamentali a posto, come paese esportatore di carne e prodotti agricoli per il mercato globale, si è trovata in condizioni critiche dal punto di vista della liquidità. Per colpa di una classe politica presuntuosa e nazionalista, che ha apertamente sfidato le autorità monetarie internazionali e umiliato il risparmio straniero. Qualcuno ricorda i “tango bonds”? Quella classe politica ha perso la sua battaglia per la fuga dei capitali e la sfiducia, peraltro mai dichiarata, degli stessi elettori argentini.

La Grecia, più recentemente, ha sfidato l’Unione Europea, dicendo che una crisi del credito avrebbe avuto conseguenze negative sulle economie più ricche del continente. Questo tipo di atteggiamento, non ha portato all’esito sperato dai dirigenti di quel paese, nonostante il grande sostegno del popolo. I creditori europei non sono intervenuti a sostegno dei greci (grandi evasori) e hanno lasciato gli sportelli delle banche elleniche senza contanti, nonostante le perdite prevedibili.

 

 

 

 

 

Il Nordest italiano ha subito la stessa sorte. Prima ha imbrogliato i mercati e i risparmiatori locali, tenendo artificiosamente alto il valore delle proprie banche (popolari), a fronte di un attivo svalutato. Poi ha sperato nella ripresa economica e nella reputazione produttiva dell’industria per chiudere il bluff. A un certo punto però ha subito la crisi di fiducia delle autorità monetarie e la fuga dei risparmiatori e degli azionisti locali (alcuni dei quali sono oggi a processo).

 

Dice Salvini: “Non ci sono ragioni economiche che possano spiegare una chiusura del credito nei confronti dell’Italia. I fondamentali sono a posto”.

Può anche avere ragione, e può sperare in un atteggiamento benevolo delle autorità monetarie e dei risparmiatori europei, diverso da quello tenuto, quattro anni fa, nei confronti della Grecia. Ma quando gli stessi italiani, che lo hanno votato, rinunciano apertamente a sottoscrivere BOT, si è indotti a pensare che il crinale della fiducia sia già oltrepassato e il resto non valga più nulla.

 

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Giovedì 22 Novembre 2018)

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