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01 Ottobre 2018 ~ 0 Comments

La struttura narrativa della tragedia italica

MDA

Aristotele sosteneva che la conclusione di una storia dipende dal carattere dei protagonisti. Salvo “contraddizioni” e sorprese che dipendono da un cambiamento repentino nell’identità degli agenti protagonisti.

Gli uomini sono ambigui, per definizione, caratterizzati da tratti positivi e negativi e spetta all’osservatore scegliere i tratti che contano nell’evoluzione della storia. In questo consiste il lavoro di interpretazione. Tanto più sono noti/leggibili i caratteri degli agenti e tanto più accurata sarà l’interpretazione. Tanto più forte il legame tra l’osservatore/narratore e gli agenti/interpreti e tanto più intelligente la ricerca di coerenze narrative nuove, tanto più è possibile che avvenga una innovazione sociale, un processo di produzione narrativa che modifica la storia.

Come sanno bene gli autori di romanzi gialli, l’abilità dell’assassino consiste nel creare confusione, nel mettere a disposizione del detective e del lettore informazioni non veritiere, che nascondono i suoi veri obiettivi e tratti caratteristici. Tanto che il fattore sorpresa (contraddizione dell’identità di un protagonista con lo schema del racconto) è usato dagli autori dei romanzi gialli per creare suspense, confondere il lettore, arrivare a conclusioni diverse da quelle attese/suggerite all’inizio.

La narrativa del governo giallo-verde non si sottrae a questa tradizione e chiama gli osservatori a un costante esercizio interpretativo. Qual è la vera identità di Salvini e Savona? Chi è davvero Di Maio? Cosa vogliono davvero gli italiani?

I protagonisti principali della vicenda sono tre: il popolo italiano, potenziale vittima del delitto, la classe dirigente e i buoni governanti (Tria, Boccia e Mattarella), i cattivi ragazzi (Di Maio, Salvini, Savona). Potremmo aggiungere i mercati, i burocrati di Bruxelles, le multinazionali, ma si tratta di agenti comprimari nella tragedia italica. Il cuore della nostra vicenda nazionale, salvo sorprese, si sviluppa all’interno di questi pochi attori.

L’interpretazione fornita finora dai giornali è la seguente:

  1. I cattivi ragazzi sono caratterizzati da patente incompetenza (non sanno fare i conti con l’economia) e hanno un’ostinata volontà/capacità di imbrogliare la vittima e sé stessi (sono Lucignolo, il Gatto e la Volpe del racconto di Collodi).
  2. I buoni governanti sono invece caratterizzati da conclamata competenza e saggezza (sono classe dirigente selezionata dalle regole della società civile) e da una sincera dedizione al benessere/alla salvezza della vittima (sono la Fata Turchina).
  3. Il popolo è un agente ingenuo e sprovveduto, incapace di azioni autonome (è il Pinocchio nel Paese dei Balocchi).

Alessandro Merlo (sul Foglio di domenica 23 settembre) usa questa narrativa in modo esplicito, ma anche gli editorialisti e i commentatori dei giornali quotidiani e delle TV principali utilizzano lo stesso schema, sia pure con sfumature diverse.

Il tema che appassiona i lettori/gli osservatori esterni è il comportamento di Pinocchio: a chi credono gli italiani? a Lucignolo, al Gatto e alla Volpe o alla Fata Turchina?

Lo spread e i sondaggi telefonici (come test computerizzati di Hollywood su campioni di spettatori) danno conto, giorno per giorno, del comportamento e dell’opinione del popolo italiano.

Durante la campagna elettorale il popolo si è inequivocabilmente espresso a favore dei cattivi ragazzi. Ha deciso di dare ai protagonisti del governo giallo-verde (Di Maio/Lucignolo, Salvini/il Gatto e Savona/la Volpe) via libera per andare nel Paese dei Balocchi e sotterrare le monete. L’osservatore esterno utilizza questa informazione per esprimere il proprio disappunto (spread in rialzo).

Successivamente è intervenuta la Fata Turchina (o meglio le fate di Mattarella, Tria, Moavero Milanesi e anche Boccia/imprenditori veneti incazzati) a castigare i cattivi (o una parte di essi – Movimento 5 Stelle). L’osservatore esterno ha creduto che Pinocchio potesse essere salvato e ha ridato fiducia all’Italia (spread in ribasso).

Ma la storia non è finita e i cattivi hanno tirato fuori un nuovo coniglio dal cappello: la Manovra del Popolo che ha rovesciato la situazione, togliendo la bacchetta magica dalle mani della Fata Turchina. O meglio, come diciamo poi, rivelando al mondo l’assenza di “magia” nella bacchetta magica di una classe dirigente in “pappa”, senza idee e senza obiettivi.

Apparentemente, in questo schema, il popolo è sempre passivo, proprio come Pinocchio, burattino ingenuo e sprovveduto, incapace di decidere in modo adulto. Tanto che gli osservatori non si curano di lui e della sua opinione. O meglio, non se ne sono curati fino ad ora.

Nelle ultime settimane il lettore esterno della vicenda italiana ha iniziato a interrogarsi sull’identità di tutti i personaggi, popolo incluso.

Prima ha valutato se Lucignolo, il Gatto e la Volpe siano in grado di cambiare carattere e rinunciare al delitto (nel mese di agosto lo spread si è abbassato). Poi ha capito che le Fate Turchine hanno perso la bacchetta magica (e lo spread è tornato a salire). Adesso si interroga sull’identità di Pinocchio e sulla sua possibilità di reazione e di apprendimento (imparare in tempo la lezione).

Il popolo ha iniziato a rispondere a qualche sondaggista. Nel suo insieme continua a sostenere il governo giallo-verde (vedi il sondaggio di Diamanti sulla Republica del 15 settembre), ma con qualche distinguo.

Mentana ha verificato, ad esempio, che flat tax e reddito di cittadinanza vengono dopo la Fornero, nella testa e nella pancia del popolo. Il carattere di quest’ultimo (egoista, ma anche poco intelligente) è stato confermato: gli italiani non riescono a fare i conti con l’economia e, soprattutto, nella componente dei vecchi genitori, sembrano poco solidali con i figli e coi nipoti. Cresciuti nell’epoca delle rivendicazioni sindacali, contro lo Stato e contro i padroni, non vedono dolo nel portare a casa subito un risultato concreto. Chi verrà vedrà…

Pagnoncelli ha certificato che la maggioranza degli italiani non condivide la proposta del reddito di cittadinanza (per carità di patria non ha fornito i dati distinti tra Nord e Sud) e insinua qualche dubbio sul consenso. Mentre si sprecano i commenti negativi su Lucignolo e il Paese dei Balocchi, sul Gatto e la Volpe e il loro Cigno Nero (vedi le metafore dell’OPA perfetta sull’Italia nel professor Monti oggi sul Corriere) cresce l’incertezza sulla sostenibilità del DEF.

Infine Boccia, presidente degli industriali, si è schierato apertamente a favore della Lega e di Salvini, cercando di screditare Di Maio, ricollocando il popolo degli industriali su posizioni distinte da quelle del popolino meridionale in crisi (famiglie attirate dal reddito di cittadinanza e dall’abbattimento della Fornero).

I talk shaw televisivi, tutt’ora popolati di comari da ballatoio e commercialisti, fanno solo confusione. Tuttavia concorrono anche loro a stimolare una qualche reazione popolare, l’urgenza di un qualche movimento da parte dell’audience degli spettatori inermi.

In questo contesto tutti continuano a chiedersi: che fa Pinocchio?

Si intravedono due visioni, due interpretazioni possibili.

  1. Il popolo resta prigioniero dello schema elettorale (come dicevano i detrattori della democrazia inglese – Rousseau ?) e, comunque la pensi, è condannato a subire le decisioni dei cattivi, cui ha dato le chiavi. Può venire a capo del proprio futuro soltanto attraverso una qualche fata Turchina come il Capo dello Stato, la UE, l’Opposizione (Tria è ormai fuori gioco).

Al momento non pare che questo stia accadendo e i sondaggi sul consenso al governo confermano l’appoggio di Pinocchio ai cattivi, anche se, sulle singole proposte di programma, assume posizioni non sempre univoche.

  1. Il popolo italiano comincia a capire e a diventare adulto. Le riflessioni degli opinion leader e qualche “muro” (muretto in verità) che intralcia il cammino, stimola l’opinione pubblica a cambiare posizione. Lo spread, ad esempio, aumenta il costo dei mutui sulla casa; le possibili sanzioni dell’Europa, ma anche e soprattutto qualche passo falso dei cattivi (apparire sul balcone di palazzo Chigi a festeggiare la sottoscrizione di ulteriore debito non è stata, mediaticamente, una mossa avveduta) possono indurre un ripensamento.

Quale visione dobbiamo privilegiare? Ce n’è una terza?

Ovviamente molto dipende dalle nostre attribuzioni al carattere degli italiani.

Quali sono gli aspetti dell’“ambiguità” nazionale (Dr. Jekyll e Mr. Hyde) che dobbiamo privilegiare come indicatore di comportamento, perché particolarmente importanti in questa fase (capitolo della trama/tragedia economica in cui ci troviamo)?

Per carità, il popolo non è un corpo unico e dobbiamo distinguere tra ceti, tra nord e sud, tra vecchi e giovani.

Tuttavia, davanti alle disgrazie economiche possiamo fare riferimento alla sua tradizione specifica, quella che lo distingue dal popolo greco, spagnolo, russo e tedesco. Salvo “cambiamenti” e “innovazioni” mai visti prima (come la Resistenza dopo l’8 settembre) c’è un modo italiano di affrontare i drammi economici (come le crisi familiari, aziendali o territoriali).

Il Gattopardo (cambiare tutto perché nulla cambi), Il Giorno della Civetta (Uomini, Mezz’uomini, Ominicchi, Pigliainculo e Quaquaraquà) e altri scritti analoghi ci aiutano a riflettere. Ma anche Montalbano e Fenoglio (in positivo).

Nel momento del bisogno:

  1. gli italiani rifiutano di assumersi responsabilità, scappano; cercano di nascondersi e di scaricare i propri fallimenti sugli altri, attraverso scorciatoie, mafie, strumenti sindacali – tutto tranne il governo, il Parlamento e un percorso democratico e trasparente
  2. gli italiani si dividono in guelfi e ghibellini, partigiani e repubblichini in lotta tra loro; sono bravi a trovare elementi di pressione esterna che li portino su barricate opposte – tutto tranne l’intesa razionale e la mediazione “tecnica” tra opposti fronti/interessi (non c’è la grande coalizione nel patrimonio italiano)
  3. gli italiani non sono capaci di darsi una classe dirigente, perché sono ignoranti, divisi e culturalmente limitati, avversi per natura alle professioni intellettuali e di governo – non a caso sono una potenza “mani-fatturiera” composta di piccole imprese familiari “individualiste” a Nord e clan feudali e mafiosi a Sud.

E’ mai possibile che gli italiani si sottraggano a questo profilo storico, cambino la trama di una tragedia nazionale che sembra già scritta?

E’ mai possibile che il personaggio chiave, il popolo italiano, cambi identità e metta sul tavolo aspetti della propria cultura e della propria competenza che non è stato capace di tirar fuori nei momenti meno critici della Prima e della Seconda Repubblica?

Perché è ormai chiaro, e il popolo dovrebbe averlo inteso: questa volta si rischia davvero grosso. L’Italia rischia di perdere non solo la reputazione, ma anche un patrimonio commerciale e industriale costruito negli anni. A spaccar tutto basta davvero poco, ma a ricostruire…

Nella situazione attuale non c’è, purtroppo, una fata Turchina in grado di intervenire. Le interviste di questi giorni e le posizioni assunte da Mattarella, Conte, Tria, Boccia… oltre che dagli editorialisti esperti di tutte le testate (Monti, Reichlin) dimostrano che la classe dirigente non ha idee, non corrisponde al personaggio, non ha una bacchetta magica efficiente (!)

Se Boccia è costretto a dire che si “affida” a Salvini per vedere la lista degli investimenti programmati, non rivela tanto una propria poco opportuna dipendenza da un pezzo del governo, rivela soprattutto la propria inconsistenza, la mancanza di un’agenda di cose da fare e di investimenti da imporre/consegnare al governo, come memorandum di verifica politica.

In attesa che la classe dirigente ridisegni il proprio ruolo e recuperi la bacchetta persa, gli altri agenti sulla scena sono chiamati a un adattamento. Stante la rigidità dei “cattivi” (ben descritta da Monti stamattina) spetta proprio al popolo reagire.

Gli opinion maker possono dare una mano, possono offrire al popolo nuovi stimoli e nuove narrative, da interpretare in modo convincente. Ma devono fare presto, perché altrimenti la storia d’Italia finisce davvero sul binario morto di una “tragedia greca”.

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