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26 Luglio 2018 ~ 0 Comments

Tra Veneto e Roma non c’è feeling

Cambia il governo, ma non il contrasto tra Veneto e Roma. A quanto si legge sulla stampa di questi giorni, la tensione tra le decisioni assunte al centro, a Roma, e la domanda di rinnovamento espressa dai Veneti, siano questi gli amministratori regionali o i rappresentanti delle imprese, continua a rimanere elevata.

Quali sono le ragioni di questo conflitto, tutt’altro che risolto dal governo del cambiamento?

All’inizio di questa legislatura abbiamo auspicato un governo costituente, capace di affrontare i problemi strutturali del paese, attraverso un pacchetto di riforme di stampo federalista. Abbiamo più tardi capito, dopo il contratto sottoscritto da Lega e 5Stelle, che un indirizzo riformista non ci sarebbe stato e che la compagine di governo sarebbe diventata uno spazio di convivenza armata tra gruppi politici e culturali diversi, focolaio di conflitti esplosivi.

Il primo di questi conflitti riguarda la strategia su lavoro e sviluppo. Le rampogne delle rappresentanze imprenditoriali venete contro Di Maio, sono destinate a infrangersi contro il muro di un governo tutt’altro che allineato, “amico” delle imprese e dei distretti, incapace di produrre riforme di spessore nel mercato del lavoro, migliorative rispetto al Jobs Act. I 5Stelle non avranno il reddito di cittadinanza, senza un riassetto generale dei conti e pensano addirittura di tagliare gli investimenti in infrastrutture. La Lega nazionale non ha una propria linea di intervento, mentre il contratto di governo è carente proprio sui temi dello sviluppo. La Lega veneta può quindi farsi portavoce delle imprese, ma non può garantire al modello veneto, locomotiva d’Italia, un patto per la crescita. Il conflitto, su questo fronte, è destinato ad allargarsi.

Il secondo di questi conflitti riguarda l’autonomia delle regioni e l’assetto dello Stato. La Regione Veneto, capofila della proposta federalista, incontra con il governo attuale problemi simili al precedente. Nessun cambiamento di prospettiva e ferrea difesa delle prerogative del centro. Zaia si arrabbia con le altre regioni, accusandole di voler salire sul carro dell’autonomia, a gratis, costringendo il Veneto ad accettare un compromesso al ribasso, su poche materie. Dov’è che il ragionamento di Zaia si incaglia? Sulla presunzione di avere un governo “amico” e una corsia preferenziale con il ministro agli Affari Regionali e alle Autonomie. Non è così. Senza un esplicito patto federalista, dell’intera compagine di governo, e di un esplicito progetto di riforma delle regioni e del modo in cui si gestiscono materie e finanziamenti collegati, è molto difficile che al Veneto sia garantita una condizione “speciale”, solo perché ha realizzato un referendum con grande partecipazione di popolo.

Insomma tra Veneto e Roma le distanze restano consistenti.

 

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Giovedì 26 luglio 2018)

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