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02 Giugno 2018 ~ 0 Comments

Nuovo governo: laboratorio a rischio esplosione

Forse, i 89 giorni spesi per la formazione del governo non sono passati invano. I protagonisti della vicenda italiana, il popolo e i suoi rappresentanti, l’establishment, i mass media, hanno fatto un apprezzabile esercizio di apprendimento collettivo.

Il popolo ad esempio, che ha votato per il cambiamento, ha avuto tempo di metabolizzare l’impatto del proprio voto. Si è espresso contro le élite, contro i partiti tradizionali e contro l’Europa. Ma si è anche reso conto, osservando lo spread, che alcuni limiti non possono essere valicati.

I vincitori, in secondo luogo, hanno avuto modo di verificare che la fuga dall’Euro, dai debiti e dall’Europa, evocato per anni con proclami, manifestazioni e magliette, non è praticabile. Lo hanno imparato, il giorno dopo la presentazione del proprio contratto ai mercati e all’opinione pubblica internazionale.

Nella prima fase della trattativa, Di Maio e Salvini hanno davvero pensato di proporre al paese un programma molto vicino alle promesse elettorali. Anche a costo di un default. Ma poi hanno dovuto fare marcia indietro.

Quando Mattarella si è irrigidito e l’opinione pubblica ha iniziato a preoccuparsi, i due soci si sono arrabbiati, ma hanno deciso di accantonare il Piano A e di dare luogo a un Piano B più moderato. Si vede che appartengono a una nuova generazione. Imparano presto e fanno della flessibilità (della capacità di cambiare rapidamente posizione) la propria cifra caratteristica.

Hanno capito che non solo Mattarella, ma i loro stessi elettori non erano disposti ad affrontare i costi del Piano A (vale a dire la perdita dei risparmi e di credito internazionale, con il rischio di trovarsi ancora più poveri e abbandonati che nella Seconda Repubblica) e hanno iniziato a dire che il futuro dell’Italia è in Europa, anche se l’Europa è come il Titanic e ha bisogno di scialuppe di salvataggio. Hanno costretto lo stesso Savona a pubblicare un’abiura del proprio pensiero e ad accettare un ruolo diverso nella compagine governo.

Alla fine il Piano B è passato. E’ un compromesso tra establishment e movimento, tra Italia sovranista e Europa necessaria. Un governo infarcito di uomini dell’élite, che hanno il compito di moderare le decisioni più estreme dei rappresentanti del popolo. E’ un governo nella tradizione italiana, che rassicura i mercati. E però è caratterizzato da anomalie che non possono essere trascurate. Non potendo ricorrere a ricette facili, come il ritorno alla svalutazione, dovrà darsi un metodo per conciliare obiettivi opposti. Dovrà riscrivere il contratto dal quale è partito. Può essere un laboratorio utile al sistema paese, sotto la guida di Mattarella, ma potrebbe anche diventare un inferno.

 

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Sabato 2 giugno 2018)

 

 

 

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