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04 Maggio 2018 ~ 0 Comments

Nuovi leader per le scelte del futuro

Subito dopo l’ultima guerra i leader dei partiti discutevano di problemi concreti. Stiamo nella parte occidentale del mondo oppure guardiamo con interesse alle sperimentazioni comuniste e socialiste dell’est? Impostiamo la ricostruzione sulle case popolari e il lavoro industriale o continuiamo con l’agricoltura?

De Gasperi tornò dagli Stati Uniti con un sacchetto di grano in mano, come simbolo di una scelta fatta. Concreta e allo stesso tempo lungimirante. Ci furono contestazioni dai partiti di sinistra, ma perfino Togliatti ammise che non c’erano alternative alla democrazia e alla scelta di campo effettuata dall’Italia.

Molti anni dopo l’establishment si divise sulla via da seguire per entrare nel novero dei paesi avanzati. A Rambouillet Andreotti si sedette vicino a Carter, Schmidt e Giscard D’Estaing per aprire la pagina della nuova globalizzazione e ridurre i dazi che proteggevano la grande industria. Anche allora ci furono discussioni e contestazioni, ma la strada scelta fu utile allo sviluppo della piccola impresa e dei distretti.

Di cosa discutiamo oggi?

Europa, non Europa. Andare avanti nella costruzione di un sistema federale che superi le barriere degli stati nazionali e i limiti delle burocrazie provinciali oppure tornare al Sacro Romano Impero dei piccoli principati, con il pericolo di una nuova ondata di scontri etnici regionali?

Euro, non Euro. Abbattiamo il debito con provvedimenti concordati con i partner europei oppure usciamo dall’ombrello della BCE e ci avviamo a nuove svalutazioni, che bruciano entrate correnti e patrimoni dei cittadini meno abbienti, a reddito fisso. Via spagnola e portoghese oppure Grecia e Argentina?

Su questi temi sono i cittadini a essere divisi, non i partiti e i rappresentanti delle coalizioni politiche. E per vincere le divisioni e le incertezze dei cittadini, soprattutto se incapaci di ragionare, dopo una Seconda Repubblica portata fuori strada da élite di destra (Berlusconi-Tremonti) e di sinistra (Prodi-Visco), attirati da una popolo-crazia anti-elitaria, servono nuovi leader.

Quando sono i fondamentali del paese a essere fuori registro, come dopo la guerra persa e la crisi della grande industria protetta dallo Stato, serve pensiero lungo. I distretti e le piccole imprese manifatturiere non sono in grado di trascinare il paese in una nuova traiettoria di sviluppo. E la strada del turismo di massa, con i tornelli in Piazza San Marco e le specialità gastronomiche regionali, non ci porta a un modello di vita e di lavoro più interessante di quello industriale.

Qual è la posizione dell’Italia nella nuova divisione del lavoro? Come far funzionare una macchina statale obsoleta, a livello centrale e nelle regioni? Questi sono temi di cui parlare e sui quali misurare la statura dei leader che stiamo cercando.

 

© Quotidiani Gruppo Editoriale L’Espresso (Venerdì 4 maggio 2018)

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